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Un mondo ghiacciato, distante e ancora in parte sconosciuto, che sinora ha ricevuto solo la breve ‘visita’ della sonda Voyager 2 della Nasa il 24 gennaio del 1986: si tratta di Urano, il settimo pianeta del Sistema Solare, che torna alla ribalta per un nuovo studio centrato sul suo calore interno. L’indagine, pubblicata su Geophysical Research Letters, è stata coordinata dall’Università di Houston e si è basata sia sui dati raccolti dalla Voyager 2, sia su modelli informatici. I risultati della ricerca evidenziano che Urano emette calore interno, addirittura in maggiore quantità rispetto a quello che riceve dal Sole; questo dato, spiegano gli autori, mette in discussione le informazioni acquisite dalla sonda quasi 40 anni fa.

Secondo i ricercatori, infatti, questa emissione potrebbe essere utile per approfondire le origini e l’evoluzione del pianeta che starebbe perdendo il calore residuo, risalente ai primordi della sua storia. Gli scienziati ipotizzano che questo elemento non era stato individuato durante lo storico fly-by della Voyager 2 perché, probabilmente, le sue osservazioni erano state alterate dalle condizioni che il Sole stava vivendo in quel periodo.

Grazie alla combinazione tra dati d’archivio e modelli informatici, gli autori dello studio pensano che il calore interno di Urano possa essere indicativo di una struttura o un percorso evolutivo piuttosto diversi rispetto a quanto ritenuto sinora. I ricercatori, dunque, auspicano che questa scoperta possa aprire finalmente la strada a missioni esplorative centrate su questo pianeta. Già nel 2022, infatti, era stata lanciata una proposta di missione, chiamata Uop (Uranus Orbiter and Probe), nell’ambito della Planetary Science and Astrobiology Decadal Survey 2023-2032; si tratta di un documento predisposto da un comitato di scienziati guidato dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti.

L’idea progettuale di Uop contempla la presenza di un orbiter e di una sonda che dovrebbe scandagliare l’atmosfera del pianeta. La comunità scientifica che ha concentrato i propri studi sul Sistema Solare esterno aveva mostrato all’epoca un grande entusiasmo per la posizione primaria assegnata a tale missione nella survey. Tuttavia, un’eventuale missione verso Urano, già resa complessa dalla durata del viaggio, dovrebbe fare i conti con rilevanti questioni finanziarie, soprattutto in questo periodo in cui le missioni scientifiche della Nasa sono state interessate da tagli di notevole entità.

Intanto, gli studiosi si ritengono soddisfatti dei risultati della loro ricerca. «Scoprendo come Urano immagazzina e perde calore, otteniamo preziose informazioni sui processi fondamentali che modellano le atmosfere planetarie, i sistemi meteorologici e i sistemi climatici – ha commentato Liming Li, docente dell’Università di Houston e corresponding author dello studio – Queste scoperte contribuiscono ad ampliare la nostra prospettiva sul sistema atmosferico terrestre e sulle sfide del cambiamento climatico».

In alto: Urano visto da Voyager 2 (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech)