👉 Seguici anche sul nostro canale WhatsApp! 🚀
La conformazione di Mercurio dipende davvero solo dal processo di raffreddamento avvenuto a seguito della sua formazione? Quando un pianeta si raffredda, la sua crosta si riduce e si contrae in modo uniforme. Mercurio, invece, oltre a essersi ridotto, mostra una superficie irregolare che tende a spostarsi lateralmente.
Un nuovo studio pubblicato su Journal of Geophysical Research: Planets a a cura di due ricercatori della Divisione di Ricerca Spaziale e Scienze Planetarie dell’Istituto di Fisica dell’Università di Berna, vuole dimostrare come la tettonica di Mercurio possa dipendere anche all’orbita di Mercurio attorno al Sole e alla sua rotazione attorno a sé stesso.
«Modificando parametri come la velocità di rotazione e l’eccentricità orbitale, siamo stati in grado di simulare e dedurre come potrebbe essersi evoluta la tettonica di Mercurio» ha spiegato Liliane Burkhard, prima autrice dello studio. L’orbita del pianeta più piccolo del Sistema Solare e anche il più vicino alla nostra stella, è fortemente ellittica piuttosto che circolare. Tale movimento potrebbe causare variazioni periodiche rispetto alle forze di gravità a cui è soggetto. «Queste caratteristiche orbitali creano tensioni mareali che potrebbero lasciare un segno sulla superficie del pianeta – ha detto Burkhard – Possiamo osservare modelli tettonici su Mercurio che suggeriscono che stia accadendo qualcosa di più del semplice raffreddamento e contrazione globale. Il nostro obiettivo era studiare come le forze mareali contribuiscano a modellarne la crosta.
A differenza della Terra, Mercurio non ha placche tettoniche che si scontrano, presenta quindi un unico guscio popolato da fratture o ‘fagliazioni’.
I risultati della ricerca mostrano che le forze di marea del Sole potrebbero aver influenzato lo sviluppo e l’orientamento delle strutture tettoniche sulla superficie di Mercurio negli ultimi quattro miliardi di anni. Fino ad ora, questa tensione gravitazionale non era stata considerata poiché considerata non significativa. «Sebbene l’entità di queste forze non sia sufficiente a generare da sola una fagliazione, la direzione di queste forze indotte dalla marea è coerente con gli orientamenti osservati dei modelli di faglia sulla superficie di Mercurio. Ciò suggerisce che la tensione mareale potrebbe aver influenzato lo sviluppo e l’orientamento delle spaccature delle strutture tettoniche nel corso di lunghi periodi geologici. Questo è un aspetto dell’evoluzione di Mercurio che non è stato ancora esplorato» ha detto Burkhard.
In futuro, le analisi su Mercurio si baseranno sui dati di BepiColombo, la missione congiunta Esa / Jaxa (Agenzia Spaziale Giapponese), lanciata nel 2018, che vede un forte contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana. L’Università di Berna ha sviluppato, per questa missione, due strumenti tra cui l’altimetro Bela (BepiColombo Laser Altimeter) in grado di mappare la superficie del pianeta da un’altitudine di circa mille chilometri, con una precisione di circa dieci centimetri. «I dati di Bela ci aiuteranno ad affinare i modelli di deformazione tettonica e composizione superficiale, al fine di tracciare un quadro ancora più dettagliato dei processi geologici su Mercurio» ha concluso Burkhard.
Crediti immagini: Liliane Burkhard, Nicolas Thomas