Garantirebbe agli astronauti un’alimentazione completa, varietà nella dieta e benefici psicologici: coltivare piante nello spazio, però, è tutt’altro che semplice, anche dal punto di vista dell’apporto di acqua. In assenza di gravità, infatti, le bolle non salgono e le gocce d’acqua non cadono. Questo cambia il comportamento dei liquidi: si formano getti instabili e bolle d’aria vaganti, rendendo inefficaci anche i più semplici metodi di irrigazione utilizzati sulla Terra.
Per superare queste difficoltà, la Nasa ha avviato nel 2021 una serie di esperimenti chiamati Plant Water Management, condotti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Il cuore del progetto è lo sviluppo di sistemi di irrigazione idroponica – basati su acqua e nutrienti, ma privi di suolo – capaci di funzionare in microgravità senza componenti meccanici in movimento. L’obiettivo è sfruttare soltanto la geometria dei canali e le proprietà fisiche dei fluidi, come la tensione superficiale e la capillarità. In altre parole, è la forma stessa dei condotti a determinare il movimento del liquido, la separazione delle bolle d’aria e la distribuzione uniforme dei nutrienti alle radici.
L’ingegneria dei materiali e delle forme riproduce così, in modo del tutto passivo, il ruolo che sulla Terra è svolto dalla gravità. In un ambiente dove non esistono “alto” e “basso”, è la struttura del sistema, insieme alle interazioni tra materiali e liquidi, a orientare il movimento dell’acqua.
I risultati ottenuti finora hanno dimostrato che è possibile gestire con successo sia flussi liquidi continui sia quelli a “flusso e riflusso”, variando parametri come la portata delle pompe, il riempimento dei canali e la tipologia di radici artificiali utilizzate.
Il passo successivo sarà osservare il comportamento di radici vive in crescita attiva e la loro reazione in questi sistemi, così da rendere davvero autonomo e sostenibile il ciclo di coltivazione nello spazio.