Vaste riserve d’acqua dolce nascoste in profondità sotto il ghiaccio e in grado di influire sulle condizioni delle piattaforme antartiche con improvvisi ed energici deflussi: sono i laghi sub-glaciali, al centro di un recente studio di Nature Communcations, mirato a indagare il loro ruolo nel decremento del ghiaccio sul ‘continente bianco’. Lo studio, coordinato dalla Scuola di Geoscienze dell’Università di Edimburgo, si è basato sui dati del satellite CryoSat-2 dell’Esa e su modelli informatici sviluppati nell’ambito del progetto Esa FutureEO Science for Society 4D Antarctica.
Il satellite, grazie a un radar altimetrico, può misurare i cambiamenti nell’elevazione del ghiaccio, sia quello continentale, sia quello delle piattaforme e quello marino. Queste misurazioni hanno permesso di monitorare i cambiamenti nello spessore glaciale e anche i processi idrologici che avvengono sotto la sua superficie. Infatti, i movimenti della coltre bianca in alto e in basso possono essere connessi allo scorrere dell’acqua sub-superficiale, come il deflusso dei laghi ‘nascosti’. Il fenomeno è stato particolarmente evidente nel 2013 quando 7 bacini sub-glaciali, situati a oltre 2 chilometri di profondità sotto il ghiacciaio Thwaites (Antartide occidentale), hanno rilasciato – tutti insieme e all’improvviso – circa 7 chilometri cubici di acqua dolce nel mare di Amundsen.
Subito dopo questo evento, gli scienziati hanno rilevato un’intensificazione nel processo di scioglimento delle piattaforme del Thwaites, unitamente all’assottigliamento dello strato di ghiaccio. Inoltre, si era formata una polinia, ovvero un bacino di acqua marina libero dal ghiaccio e circondato dalla banchisa: un altro effetto dei deflussi sopra citati, connessi alla risalita di acqua calda. Il fenomeno ha messo in luce l’esistenza di una serie di laghi al sotto del ghiacciaio, che fanno parte di una vasta rete di canali di deflusso; la loro acqua è più leggera di quella dell’oceano e, scorrendo, ha scatenato appunto un turbolento movimento di risalita di acqua salata e calda che ha poi accelerato lo scioglimento alla base del Thwaites.
La tecnologia spaziale ha fatto la differenza anche in questo specifico caso, consentendo di studiare aree remote e di difficile osservazione con altri mezzi: quello che avviene sotto le piattaforme glaciali, sostengono gli autori del saggio, è di importanza cruciale per capire come queste strutture rispondano ai cambiamenti climatici, soprattutto in rapporto all’innalzamento del livello dei mari. Il gruppo di lavoro conta di poter effettuare ulteriori approfondimenti su queste regioni remote con alcune missioni future del programma Copernicus: Cristal (Copernicus Polar Ice and Snow Topography Altimeter), Rose-L (Copernicus Radar Observing System for Europe at L-band) e Cimr (Copernicus Imaging Microwave Radiometer).
In alto: il ghiacciaio Thwaites visto da Sentinel-1 del programma Copernicus (Crediti: contiene dati Sentinel Copenicus modificati 2024 – processati da Esa) – L’immagine nelle sue dimensioni originali a questo link.