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Astronomi delle università giapponesi di Nigata e Tokyo hanno recentemente osservato due enigmatiche strutture ricche di ghiaccio interstellare e molecole organiche, dalle caratteristiche assolutamente peculiari.
Gli scienziati le hanno studiate mediante il radiointerferometro Alma, un array di 66 radiotelescopi situato a 5000 metri di altezza nel deserto cileno di Atacama, in grado di rilevare lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche.
I risultati delle ricerche sono stati pubblicati in questi giorni su The Astrophysical Journal.
I due oggetti astronomici, scoperti nel 2021 durante un censimento del piano galattico nel dominio dell’infrarosso svolto dal telescopio spaziale giapponese Akari, non si è ancora capito bene cosa siano.
Entrambi si mostrano ricchi di ghiaccio interstellare e molecole organiche, caratteristiche che potrebbero far pensare a delle strane nubi di gas, oppure a un tipo di stella mai vista prima.
Le strutture si trovano, con molta probabilità, tra i trentamila e i quarantamila anni luce da noi, i metodi di calcolo indicano valori disomogenei. Si spostano con velocità nettamente diverse tra loro, il che suggerisce una totale indipendenza malgrado siano vicine e mostrino caratteristiche sorprendentemente simili.
Entrambe le strutture infatti hanno lo stesso colore, luminosità. Distano tra loro tredicimila anni luce.
La grandezza di ognuno dei due corpi sarebbe pari a dieci volte quella del Sistema Solare, si tratta di dimensioni un po’ troppo ridotte per ipotizzare che siano nubi molecolari, ma i dati a disposizione non sono ancora abbastanza per poter azzardare risposte certe e definitive. Stando alle conoscenze scientifiche attuali, inoltre, strutture di questo genere si dovrebbero trovare immerse in grandi nuvole di polvere che le fanno risplendere nelle lunghezze d’onda submillimetriche, ma curiosamente tutto ciò non accade. Non sono state infatti rilevate radiazioni submillimetriche da entrambi gli oggetti e l’energia al loro interno è distribuita in un modo strano, mai osservato in precedenza.
Un’ulteriore differenza rispetto a ciò che abbiamo osservato in passato, poi, è che questo ghiaccio interstellare non si trova in una regione dove nascono nuove stelle. Se ci fosse formazione stellare, i telescopi Alma avrebbero rilevatomolteplici e variegate emissioni molecolari, mentre qui le uniche linee scoperte sono monossido di carbonio e monossido di silicio, tra l’altro in quantità notevolmente superiore a quelle rilevate altrove nell’Universo. In genere, quantità così abbondanti si trovano nelle stelle molto giovani, che però sono corpi di natura estremamente diversa dalle nuvole molecolari o simili.
L’abbondanza di monossido di silicio è tipica di zone di Spazio in cui la polvere interstellare viene distrutta da potenti onde d’urto e questo potrebbe far pensare che i due oggetti siano plasmati da qualche fonte di energia esistente nei paraggi. L’ipotesi non si può escludere anche per il fatto che qualcosa sembra stia disturbando il comportamento dei gas.
Per quanto si tenti di ricondurre la scoperta di questi oggetti alle nostre attuali conoscenze scientifiche, è sempre più evidente che prima d’ora non era mai stato scoperto qualcosa di simile. Non sappiamo esattamente definire cosa siano questi due oggetti. Non si possono descrivere né spiegare usando ciò che sappiamo sui ghiacci interstellari, o sulle nubi molecolari. Non siamo davanti a qualcosa di riconducibile a nuove stelle in fase di formazione, o quelle appena nate e dotate di disco protoplanetario. Non sono neanche simili alle stelle mature che si trovano dietro dense nuvole molecolari e che perdono massa velocemente.
Secondo Takashi Shimonishi, astronomo che ha guidato il gruppo di ricerca e studio: «Potrebbe trattarsi di una nuova classe di oggetti interstellari che forniscono un ambiente favorevole alla formazione di ghiacci e molecole organiche. Una futura osservazione in alta risoluzione dei gas usando il telescopio Alma, insieme a studi più dettagliati su ghiacci e polveri fatti con l’ausilio del telescopio spaziale James Webb, farebbero finalmente luce sulla natura di questi misteriosi oggetti ghiacciati».
Immagine – La zona della via Lattea in cui dovrebbero trovarsi le formazioni di ghiaccio interstellare appena scoperte dagli scienziati giapponesi, indicate come ‘Object 1’ e ‘Object 2’.
Crediti: arXiv / R. Hurt/Nasa/Jpl-Caltech/Eso