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La permanenza nello Spazio indebolisce il sistema immunitario, numerosi studi condotti in questi decenni confermano questa preoccupante condizione e cercano di approfondire la conoscenza sia delle cause che delle conseguenze. In presenza di patogeni, la probabilità d’infettarsi dentro un’astronave è superiore quella che si avrebbe sulla Terra, soprattutto con alcune tipologie particolarmente robuste e resistenti agli antibiotici.
Nelle esplorazioni spaziali future, in cui ci allontaneremo sempre di più dal nostro pianeta, le cure medicinali saranno l’unico rimedio disponibile per proteggere la salute degli astronauti. Una condizione limitante, aggravata dal fatto che i batteri mutano quando si trovano in condizioni di gravità limitata o inesistente, rischiando di diventare più pericolosi e tolleranti alle cure.

La Nasa conduce studi approfonditi ed esperimenti su patogeni comuni, presenti anche sulle paratie della Stazione Spaziale, da lungo tempo. L’ultimo di questi, iniziato un anno fa, è chiamato Gears (Genomic Enumeration of Antibiotic Resistance in Space) e punta a individuare e censire tutti gli organismi resistenti agli antibiotici che vivono nella Stazione Spaziale Internazionale, con particolare attenzione a due batteri comuni: l’Enterococcus Fecalis e l’Enterococcus faecium.
Oltre a vivere da milioni di anni sul nostro corpo, alcune colonie di questi batteri sono state trovate anche negli ambienti della Stazione Spaziale. Studi passati hanno già dimostrato la loro tolleranza all’essiccazione, agli antibiotici, alla disinfezione e alla fame.

Cristopher Carr, assistente professore all’Institute of Technology della Georgia e tra i primi studiosi coinvolti nel programma Gears, sottolinea l’importanza di questi approfondimenti: «L’Enterococcus è un tipo di batterio che convive con noi sin da quando i nostri antenati strisciarono fuori dagli oceani ed è in grado di sopravvivere sia all’interno che all’esterno dell’organismo che li ospita, per questo è la seconda causa più comune tra le infezioni da ospedalizzazione».
La conoscenza delle caratteristiche e il comportamento di questi batteri, quindi, è utile anche per chi vive sulla Terra, non solo per gli astronauti.

Lo studio in corso mira a scoprire come individuare facilmente l’Enterococcus e altre famiglie di batteri presenti all’interno della Stazione Spaziale, cercando di capire come riescano a sopravvivere e adattarsi alle condizioni di microgravità.
«E’ dal 2000 che teniamo sotto controllo le superfici della Stazione Spaziale – afferma la microbiologa Nasa Sarah Wallace, anch’essa tra i principali scienziati coinvolti nelle attività di Gears – questo esperimento però va oltre l’identificazione degli organismi presenti, che è tutto ciò che abbiamo al momento per calcolare i rischi.
Con la Stazione che orbita vicino la Terra, possiamo imparare di più sulla diffusione di questi batteri e di come rispondono all’ambiente spaziale, senza rischiare troppo. Ciò che scopriremo potremo applicarlo nelle missioni sulla Luna o su Marte, dove i rifornimenti saranno complicati».

Dal punto di vista pratico, Gears prevede un anno di raccolta di campioni di batteri in varie zone della Stazione Spaziale, da mettere poi in coltura aggiungendo un antibiotico. I risultati forniranno sia una mappatura degli ambienti dove i batteri prolificano, sia la loro capacità di persistere ed espandersi altrove.
Un risultato importante da ottenere sarà senz’altro quello di aumentare la velocità d’identificazione dei campioni, che al momento richiede giorni ma in futuro dovrà essere ridotta a qualche ora. Risparmiare tempo è infatti fondamentale, perché consente d’intervenire il prima possibile e con le cure adeguate, evitando complicazioni alla salute e l’espandersi dell’infezione.
Le ricadute positive per chi vive sulla Terra sono innegabili, più di 35.000 persone muoiono ogni anno a causa di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici.
«Spero che questo studio possa fare luce su come analizzare velocemente i patogeni e intervenire – conclude Sarah Wallace, che ha perso un familiare proprio a causa di un batterio contratto in ospedale – Se riusciremo a farlo nello Spazio, potremo farlo anche sulla Terra»

L’Enumerazione Genomica della Resistenza agli Antibiotici nello Spazio (Gears) è un esperimento/studio finanziato dal Programma di Biologia Spaziale per le Scienze Fisiologiche e Biologiche, con il supporto del Mars Campaign Office della Nasa.

 

Foto: L’astronauta Jeanette Epps nel modulo ‘Harmony’ della Stazione Spaziale, intenta ad estrarre campioni di Dna da colonie di batteri per l’analisi genomica.
Crediti: Nasa