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Un sistema planetario in formazione è stato osservato dal telescopio spaziale James Webb usando l’interferometro e il rilevatore a infrarossi.
Si tratta di Pds 70, denominata anche V1032 Centauri, una giovanissima stella T Tauri (quindi pre Sequenza Principale) che ha un’età stimata di appena 5,4 milioni di anni. Si trova nella costellazione del Centauro, distante circa 370 anni luce da noi, ed è l’unico sistema protoplanetario finora scoperto ad avere più di un pianeta in via di formazione.
Il team di scienziati che ha analizzato le osservazioni, ha pubblicato i risultati su The Astronomical Journal, offrendo una prospettiva unica su come i pianeti nascono, crescono ed evolvono nel tempo.
Il telescopio James Webb ha puntato verso il sistema lo spettrografo ‘Niriss’ (Near-Infrared Imager and Slitless Spectrograph), dotato di interferometro e filtro F480M centrato a 4.8 micrometri. Grazie a questo è stato possibile mascherare l’85% della luce della stella, attenuando il bagliore per far emergere la presenza di due ‘gioviani caldi’. Uno è Pds 70 b, grande tre volte Giove, che compie una rivoluzione intorno alla stella madre in 120 anni. Il secondo, Pds 70 c, ha una massa doppia rispetto a Giove e completa un’orbita in 220 anni.

I due pianeti della stella Pds 70, nettamente visibili in quest’immagine prodotta dal James Webb Telescope nei giorni passati. Il grande arco di luce sulla destra è parte del più grande dei due dischi circumplanetari individuati nel sistema. Crediti: Blakely et al. 2025
Questi due pianeti stanno accumulando velocemente materia, rivelando di essere ancora in via di formazione. La nascita dei pianeti è un processo per molti aspetti ancora sconosciuto. Grazie a queste osservazioni dirette abbiamo la dimostrazione che esiste una fase in cui aumentano di dimensioni raccogliendo polveri e gas circostanti.
Specialmente i giganti gassosi, la cui crescita avviene velocemente durante le prime fasi della nascita di un sistema planetario, grazie alla copiosa e diffusa presenza di materia circostante. Anche il nostro Sistema Solare probabilmente ha una storia simile, Giove e Saturno sono stati i primi pianeti a comparire dopo la nascita del Sole e sono i più grandi. Studiare giovanissimi sistemi esoplanetari quindi è un po’ come guardare indietro nel tempo per scoprire come si è formato il nostro.
Dalle analisi delle immagini fornite dal James Webb emergono altri interessanti indizi.
I due pianeti sono anch’essi circondati da dischi di accrescimento dai quali, sempre grazie a processi di aggregazione, un domani potrebbero nascere una o più esolune. Questa formazione in contemporanea di pianeti e lune durante la stessa fase evolutiva, attraverso i rispettivi dischi di accrescimento, è tipica delle protostelle di tipo T-tauri.
Pds 70 è stata scoperta nel 1992 grazie a un censimento stellare svolto dall’osservatorio Pico dos Dias in Brasile. La sigla Pds infatti sta per ‘Pico dos Dias Survey’. Inizialmente non si sapeva che possedesse dei pianeti, a quei tempi non si conosceva alcun pianeta al di fuori del Sistema Solare. Solo tre anni dopo, nel 1995, venne confermata l’esistenza di 51 Pegasi b, che è appunto il primo esopianeta scoperto nella storia dell’Astronomia.
Sin dalle prime osservazioni di Pds 70 però, si comprese di trovarsi davanti a qualcosa di particolarmente interessante. Venne notata, ad esempio, un’eccessiva emissione nell’infrarosso, che faceva già sospettare la presenza di un disco di accrescimento di polveri e gas. Nelle successive osservazioni si scoprì che i dischi erano due, uno all’interno dell’altro. La prostella, inoltre, ruotava molto velocemente, compiendo un giro su se stessa in soli tre giorni terrestri (il Sole ne impiega mediamente ventotto).

La prima immagine nello spettro visibile del disco di Pds 70, ottenuta con lo strumento Naco del Vlt dell’Eso. Crediti: Riaud et al. A&A458,317–325(2006)
Per avere la prima immagine ravvicinata della stella si è dovuto attendere 14 anni.
Nel 2006 il sistema combinato di quattro telescopi ottici a riflettore che costituisce l’osservatorio europeo VLT, riuscì a catturare la luce di Pds 70 ed a rilevare le temperature locali, che mediamente sono intorno ai -150 °C ma in alcune zone salgono anche fino a 0 °C.
La giovanissima protostella Pds 70 e i suoi due neonati pianeti saranno ancora oggetto di lunghe e mirate osservazioni. La scoperta di un sistema planetario in questa fase dell’evoluzione è stato un colpo di fortuna, e per questo merita analisi approfondite. Non a caso, Pds 70 è da tempo tra i sistemi protoplanetari più studiati.
Ogni informazione in più apre a nuove teorie, la più recente è la scoperta di un’anomalia: una debolissima sorgente luminosa all’interno dello spazio tra i due dischi protoplanetari, la cui natura è tutta da chiarire. Non sappiamo ancora cosa la emetta, la struttura potrebbe essere una specie di ‘braccio a spirale’ di materia solida e gassosa, ma anche un terzo pianeta neonato.
Per svelare il mistero, sono in programma nuove osservazioni usando altri strumenti in dotazione al telescopio James Webb, come il Miri o la NirCam.
Immagine: Il sistema Pds 70 ripreso con lo strumento ‘Sphere’ dell’Eso Very Large Telescope. La spettacolare immagine è del 2018 ed è la prima che mostra chiaramente un pianeta ripreso nel momento della formazione (è il punto luminoso a destra, all’interno dell’anello). Al centro c’è la stella, mascherata dal coronografo per attutire il bagliore. All’epoca non si sapeva ancora che Pds 70 possedesse più di un pianeta.
Crediti: ESO/A. Müller et al