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Sono tre satelliti il cui compito è studiare il campo magnetico terrestre e i complessi fenomeni ad esso collegati, dallo space weather alle dinamiche che agitano il ‘cuore’ del nostro pianeta: si tratta della missione Swarm dell’Esa, che torna alla ribalta per aver individuato deboli tracce magnetiche prodotte dalle maree degli oceani. I risultati di queste osservazioni sono stati recentemente pubblicati su Philosophical Transactions of the Royal Society A; la ricerca è stata curata da un team dell’Istituto di Geofisica e Meteorologia dell’Università di Colonia e dell’Università Tecnica della Danimarca.

Il ‘terzetto’ Swarm, lanciato il 22 novembre 2013, opera a un’altitudine compresa tra 462 e 511 chilometri e gode di un punto di vista privilegiato per rilevare le varie sorgenti di campo magnetico, riuscendo a distinguere anche quelle più tenui. Il campo magnetico, che si estende dalle profondità del nostro pianeta verso lo spazio, è prodotto in gran parte da un oceano di ferro liquido nel nucleo esterno. Un’altra sorgente, invece, è costituita dalle rocce magnetizzate presenti nella crosta terrestre. Per quanto riguarda gli oceani, infine, l’acqua salata è un moderato conduttore elettrico: di conseguenza, quando le maree scorrono attraverso il campo magnetico terrestre generano deboli correnti elettriche da cui derivano i tenui segnali rilevati da Swarm.

I tre satelliti sono stati in grado di acquisire questi dati anche grazie ad un periodo di ridotta attività solare, verificatosi all’incirca nel 2017: le informazioni sono di qualità particolarmente buona perché non sono state disturbate da fenomeni di space weather. La missione ha potuto cogliere la firma magnetica delle maree anche a causa di una maggiore vicinanza dei satelliti alla Terra, dovuta al naturale decadimento dell’orbita: infatti, una loro altitudine più elevata avrebbe reso molto più difficile l’acquisizione di questi dati.

Il lavoro svolto da Swarm ha quindi fornito dati utili sia per approfondire le proprietà degli oceani, e comprenderne le dinamiche a lungo termine, sia per studiare la distribuzione del magma al di sotto dei fondali. Informazioni di questo secondo tipo, ad esempio, potrebbero essere utili per analizzare eventi di grande impatto come l’eruzione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga, avvenuta il 14 gennaio 2022. Gli studiosi e i tecnici della missione si augurano che la squadra degli Swarm possa essere ancora operativa tra 5 anni circa, quando si verificherà il prossimo minimo solare, per acquisire ulteriori dati.

In alto: i satelliti Swarm (Crediti: Esa, P. Carril)