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Chandrayaan-2 si è dovuta spostare ancora una volta dal suo normale percorso per evitare collisioni con altre sonde robotiche che attualmente orbitano attorno alla Luna.
E’ quanto si apprende da un recente report pubblicato dalla Isro, l’agenzia spaziale indiana: l’orbiter qualche settimana fa ha effettuato una manovra per scongiurare il rischio d’impatto con la sonda sudcoreana ‘Danuri’.

I veicoli indiano e coreano, insieme al Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa, si trovano a condividere un’orbita quasi polare e può quindi capitare che si trovino a passare molto vicini tra loro, specialmente quando sono in prossimità dei poli lunari. Queste zone pertanto sono ritenute ad alto rischio di collisione e devono essere strettamente monitorate.
Con una variazione sulla manovra d’alta precisione denominata Om-87, originariamente prevista per altre ragioni, la Chandrayaan-2 il mese scorso ha elevato l’altitudine del perilunio, il punto dell’orbita più vicino al nostro satellite. Questa modifica si è resa necessaria in seguito a una serie di calcoli predittivi sulle traiettorie, da cui era emerso un probabile impatto con il ‘Kplo – Korea Pathfinder Lunar Orbiter’ (chiamato anche Danuri) entro pochi giorni.

Malgrado le sonde si muovano nella vastità dello Spazio, manovre di questo tipo non sono affatto rare.
Secondo l’agenzia spaziale coreana Kari, la loro sonda Danuri ha lanciato 40 allarmi di rischio collisione con la Chandrayaan-2, o con l’Lro, soltanto nell’ultimo anno e mezzo. Da quando è stata posta in orbita lunare, nel 2022, ha già cambiato rotta tre volte per evitare il rischio di uno scontro.

La sonde possono effettivamente incrociarsi a distanze pericolosamente brevi, in termini di volo spaziale.
Nel 2021 la Chandrayaan-2 si era già spostata prima di un passaggio ravvicinato con lo storico Lro della Nasa. Senza la variazione, la sonda indiana sarebbe sfilata ad appena tre chilometri da quella americana, un valore che apparentemente non sembra preoccupante, ma che i tecnici addetti ai satelliti artificiali considerano invece altamente rischioso.

Le agenzie spaziali sono in stretta collaborazione per garantire l’incolumità dei loro robot, dato che non esiste un protocollo internazionale che regoli la sicurezza rispetto al rischio di collisioni nello Spazio. Di conseguenza, la cosa più prudente da fare per il momento è condividere continuamente i dati con gli altri attori coinvolti, affinché il raffronto possa far emergere le potenziali criticità.
Il modello predittivo più usato al mondo è stato ingegnerizzato al Jet Propulsion Laboratory della Nasa ed è chiamato Madcap. Una volta inseriti i dati delle orbite di tutte le sonde coinvolte in una porzione di Spazio, il sistema procede automaticamente a calcolare gli spostamenti futuri, valutando tutti i fattori che li influenzano e, nel caso di rischio, provvede ad avvertire mediante specifici allarmi.

Non si tratta soltanto di fare un confronto matematico tra orbite in uno spazio temporale definito, perché nessuna di queste è stabile e quindi il suo destino è cambiare continuamente. Elementi di disturbo come la pressione di radiazione solare o l’attrazione gravitazionale congiunta del Sole, dei pianeti e dei loro satelliti, pian piano porta a una deriva delle rotte preimpostate delle sonde, che dev’essere corretta periodicamente ricorrendo ai sistemi di propulsione.

Al momento, la prevenzione delle collisioni si basa esclusivamente su accordi tra agenzie spaziali, redatti ogni volta che si dà il via a nuove missioni in cui è presente un qualche rischio d’impatto.
La volontà e lo sforzo congiunto che tutti auspicano però, punta alla formulazione di protocolli e regolamenti ufficiali, che dovranno essere riconosciuti e soprattutto attuati da tutte le agenzie e aziende spaziali del pianeta, senza ricorrere a trattative private.

Immagine: Rappresentazione artistica dell’orbiter Chandrayaan-2 in volo attorno alla Luna
Crediti: Isro