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Hubble ha individuato un maggior numero di buchi neri nell’Universo primordiale rispetto a quanto si riteneva in passato. Lo afferma uno studio condotto dal Dipartimento di Astronomia dell’Università di Stoccolma, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.

Questa scoperta aiuta a comprendere la formazione dei buchi neri supermassicci, che possono superare un miliardo di masse solari, presenti al centro delle galassie, meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang.

Le origini di questi buchi neri rimangono in gran parte sconosciute, specialmente per quanto riguarda il loro sviluppo nei primi istanti dopo il Big Bang. I buchi neri giocano un ruolo cruciale nell’evoluzione delle galassie, anche se questi processi sono ancora tutti da scoprire. Per indagare il fenomeno, i ricercatori hanno utilizzato il telescopio spaziale Hubble con cui hanno esaminato le galassie deboli risalenti a un’epoca in cui l’Universo aveva solo una frazione della sua attuale età.

Il team ha utilizzato i dati di Hubble per esaminare la stessa area anni dopo e ha analizzato le variazioni nella luminosità delle galassie, una caratteristica distintiva della presenza di buchi neri. I risultati indicano che molti buchi neri si sono formati dal collasso di stelle massicce e durante il primo miliardo di anni dell’Universo. Questi astri, a differenza delle generazioni successive, non sono stati contaminati dai resti di stelle già esistite, permettendo così la loro formazione agli albori dell’Universo.

Immagine in apertura: immagine realizzata da Hubble Ultra Deep Field. Crediti: Nasa, Esa, Matthew Hayes (Stockholm University)