La sonda Juno della NASA, grazie allo strumento italiano JIRAM, ha catturato le forze all’opera nel pianeta gassoso permettendo di mapparne il campo magnetico, che ne anima la rotazione interna come un motore
di Enrico Potenza
Un filmato a infrarossi 3-D che ritrae non solo densi cicloni e anticicloni permeanti le regioni polari di Giove, ma anche il primo modello dettagliato del motore che anima il campo magnetico del pianeta.E’ stato rilasciato ieri 11 aprile dal team di scienziati di Juno, missione NASA in orbita intorno al pianeta gassoso, durante la “European Geosciences Union General Assembly”. Le immagini consentiranno di comprendere meglio le forze all’opera nell’animazione, mostrando un polo nord dominato da un ciclone centrale attorno al quale si trovano otto ulteriori cicloni circumpolari aventi diametri che variano dai 4000 ai 4600 chilometri.
Il video è stato realizzato aggregando dati raccolti dalla camera a infrarossi con spettrometro Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper) e generando un fly-around 3-D sul polo nord del mondo gioviano. Lo strumento, elemento chiave della missione Juno realizzato da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), lavorando nella parte infrarossa dello spettro cattura la luminosità emergente dalle profondità di Giove indifferentemente durante il giorno e la notte ed è in grado di sondare l’atmosfera da 50 a 70 chilometri sotto il velo di nuvole del ‘gigante gassoso’.
Ulteriore elemento di discussione durante il meeting, è stato il nuovo risultato raggiunto dal team nel processo di comprensione della composizione interna della massa gassosa di Giove, capendo come le sue profondità ruotino. Sono stati infatti gli stessi dati utilizzati per la comprensione della rotazione interna a fornire ulteriori indizi ed informazioni sulla struttura e composizione del pianeta più grande del Sistema Solare.
Gli scienziati hanno prodotto il nuovo modello del campo magnetico grazie alle misurazioni raccolte durante otto orbite su Giove, dalle quali hanno mappato il campo magnetico sulla superfice e nella regione ad essa sottostante, dove si pensa che il motore sia generato.
Dalle rilevazioni è emerso che la ‘zona motore’ presenta diverse irregolarità, regioni dalla grande intensità di attività magnetica e che il campo magnetico è più complesso nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale. In una zona all’incirca a metà fra l’equatore ed il polo nord si un’area dove il campo è intenso e positivo circondata da zone meno intense e negative, nell’emisfero meridionale invece il campo risulta significativamente negativo. Tali mappe segnano uno straordinario balzo in avanti nell’attuale conoscenza del pianeta e guideranno il team scientifico nel proseguo delle osservazioni.