Approfondimento a cura di Valerio Vagelli e Matteo Mergè
I raggi cosmici sono particelle cariche altamente energetiche provenienti dallo spazio che, propagandosi nella Galassia, possono raggiungere l’eliosfera la magnetosfera terrestre, e quindi essere misurati e analizzati da rivelatori operanti nello spazio appositamente sviluppati per fornire misure di precisione delle loro caratteristiche.
A differenza di altri messaggeri dell’Universo, come fotoni, neutrini e onde gravitazionali, i raggi cosmici carichi vengono deflessi dai campi magnetici galattici e intergalattici, perdendo dunque l’informazione circa la direzione della loro origine. Sebbene dunque non sia generalmente possibile identificare con precisione la localizzazione delle loro sorgenti di origine, l’analisi della loro composizione e della loro intensità in funzione dell’energia fornisce informazioni sui fenomeni più energetici dell’Universo e sull’ambiente della nostra Galassia in maniera complementare rispetto a quanto deducibile dalla osservazione degli altri messaggeri dell’Universo. Inoltre, l’analisi dei flussi dei raggi cosmici carichi nello spazio è utile per cercare evidenza di meccanismi o particelle non previsti dal modello standard della fisica delle particelle in un approccio che è indipendente, ma comunque sinergico, alle campagne di misura effettuate presso esperimenti agli acceleratori di particelle effettuati a terra.
È in questo contesto di ricerca, caratterizzato dall’utilizzo di rivelatori al limite della tecnologia, sviluppati per misurare con precisione le proprietà delle particelle nello spazio, che è stata recentemente superata una “energia di frontiera” nello studio di elettroni e positroni di origine cosmica. Nella sua ultima pubblicazione su Physical Review Letters la collaborazione Calet ha infatti descritto il risultato di uno studio basato sull’analisi di elettroni e positroni cosmici misurati ad energie mai rivelate prima dallo spazio, e che fornisce un ulteriore tassello per la comprensione dei meccanismi di origine, accelerazione e propagazione dei raggi cosmici.
Elettroni e positroni sono infatti raggi cosmici rari, molto più leggeri di altri, e per questo caratterizzati da una perdita di energia molto più drastica. Secondo i modelli più consolidati, solo elettroni e positroni che sono originati in sorgenti astrofisiche a noi vicine, e probabilmente in Supernova Remnants, sono in grado di propagarsi nella Galassia fino a raggiungere i nostri rivelatori di raggi cosmici nello spazio. Proprio questo paradigma risulta confermato e rafforzato dall’ultimo risultato raggiunto dalla collaborazione Calet.
Calet (Calorimetric Electron Telescope) è una missione Jaxa con la partecipazione di Asi e Nasa per la misura di raggi cosmici operativa sul modulo esterno Jem-Ef della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dal 13 Ottobre 2015. La collaborazione scientifica Calet è composta da circa 80 membri di Giappone, U.S. e Italia, con coordinamento del prof. S. Torii (Waseda University, JP), Pi scientifico della missione, del prof. Pier Simone Marrocchesi (Università di Siena), co-Pi scientifico della missione, e del prof. G. Guzik (Louisiana State University). Con un’analisi dei dati raccolti dall’esperimento Calet in più di 7 anni di operazioni sulla Iss, sono stati identificati circa 7 milioni di elettroni e positroni, di cui solo una minima parte con energie superiori a 1 TeV (tera-electronvolt), un regime energetico in cui elettroni e positroni sono caratterizzati da una energia pari a più di un milione di volte la propria massa. Sfruttando le capacità dello strumento e complesse tecniche di analisi, la collaborazione Calet ha per la prima volta misurato l’intensità di elettroni e positroni nei raggi cosmici fino a 7.5 TeV, caratterizzando con precisione la decrescita nel numero di elettroni e positroni nei raggi cosmici con energie sopra 1 TeV, energia sopra la quale il loro flusso è soggetto a un drastico cambio di regime nei meccanismi di propagazione. Inoltre, alle più alte energie raggiunte, la collaborazione Calet ha riscontrato un’evidenza preliminare di una popolazione di elettroni e positroni altamente energetici, indicando come probabile sorgente di origine e di accelerazione Supernova Remnants molto vicine – per le scale galattiche – al nostro pianeta, tra le quali Vela. Questa osservazione preliminare fornisce nuove informazioni per i modelli di origine, accelerazione e propagazione degli elettroni e positroni di alta energia nei raggi cosmici, permettendo di aggiornare e consolidare anche la comprensione dell’ambiente galattico a noi prossimo, e di come questo influenzi anche le caratteristiche osservate di tutti gli altri tipi di raggi cosmici.
Questi ed altri risultati prodotti dalla Collaborazione Calet stanno fornendo informazioni uniche sulla composizione e proprietà dei raggi cosmici con energie superiori al TeV, osservando caratteristiche inattese nei flussi che stanno consolidando i modelli di origine, accelerazione e propagazione dei raggi cosmici. Infatti, molte strutture osservate nella regione supra-TeV non sono previste dai modelli attualmente a disposizione di propagazione dei raggi cosmici, che tipicamente descrivono flussi di potenza senza strutture.
«La misura di precisione della componente al TeV del flusso di elettroni e positroni è diventata una delle misure più interessanti negli ultimi anni, nella fisica dei raggi cosmici carichi, per la sua capacità intrinseca di fornire informazioni utili alla discriminazione tra sorgenti astrofisiche e quelle di origine particellare (Materia Oscura) – racconta Matteo Mergè, tecnologo Asi, Project Scientist per il Programma Calet – Le sfide presentate dallo studio di queste regioni ad alta energia dei flussi di raggi cosmici richiedono sia tecnologie all’avanguardia ma anche tecniche di analisi dati altrettanto avanzate. In missioni di così grande rilevanza scientifica e di lunga durata, la statistica accumulata gioca un ruolo fondamentale nell’interpretazione scientifica dei risultati e nel discriminare possibili scenari». Nei prossimi anni, con l’analisi approfondita dei dati già raccolti e di quelli che lo saranno almeno fino a fine 2024 (e durante la potenziale estensione delle operazioni sulla Iss), Calet sarà in grado di fornire misure di precisione delle strutture nelle forme spettrali dei flussi di tutte le specie di raggi cosmici fino al Fe e per elementi trans-Fe ed estendere la misura di elettroni oltre 10 TeV, regione ad oggi non ancora esplorata.
Il recente risultato di Calet conferma quindi nuovamente il potenziale di scoperte scientifiche caratteristico della misura di raggi cosmici carichi nello spazio, linea di ricerca investigata da collaborazioni internazionali partecipate dalle principali agenzie spaziali e di ricerca e in cui l’Italia svolge un ruolo da protagonista, con ruoli di responsabilità, con il contributo di ricercatori dei principali enti di ricerca e atenei nazionali, e con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana nelle fasi di concezione, costruzione, calibrazione, operazioni e sfruttamento scientifico dei dati raccolti. «Le tecnologie e competenze a disposizione della comunità scientifica italiana rappresentano uno strumento unico per espandere sia le nostre tecniche che gli approcci osservativi per comprendere aspetti della fenomenologia dei raggi cosmici che potrebbero, altrimenti, rimanere incompresi – spiega Valerio Vagelli, ricercatore Asi e Responsabile di Programma per la partecipazione italiana alla missione Calet – Molte sono le frontiere ancora da esplorare nell’era dell’astrofisica “multimessaggera”, e i raggi cosmici si confermano nuovamente come una sonda unica e peculiare in grado di fornire informazioni altrimenti inaccessibili sui meccanismi di funzionamento del nostro Universo».