Le condizioni di benessere o meno della copertura vegetale nelle zone vulcaniche possono essere indicative dell’attività dei crateri e dare un utile contribuito nel loro monitoraggio satellitare. Lo afferma un recente studio di Geochemistry, Geophysics, Geosystems, rivista scientifica dell’American Geophysical Union che pubblica ricerche sulla Terra e sui processi planetari (articolo: “Volcanic Diffuse Volatile Emissions Tracked by Plant Responses Detectable From Space”). L’indagine, coordinata dal Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie della McGill University di Montreal, si è basata sui dati satellitari di Landsat, programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972.

La longevità del programma Landsat ha permesso al gruppo di lavoro di operare su archi temporali molto estesi, cominciando dal 1984 per arrivare fino allo scorso anno; nello specifico sono stati utilizzati i dati raccolti da Landsat 5 e Landsat 8.

Le emissioni gassose dei vulcani – spiegano gli studiosi – possono fornire preziose informazioni sulla loro attività, ma non sono molto facili da rilevare con i satelliti perché tendono a confondersi con altri gas presenti nell’atmosfera. Tuttavia, i satelliti possono raccogliere un’altra categoria di dati con cui effettuare comunque il monitoraggio dell’attività vulcanica: si tratta di quelli relativi alle condizioni di salute delle piante. Infatti, il degassamento vulcanico fa sentire i suoi effetti sulla vegetazione, facendo crescere le concentrazioni locali di anidride carbonica che può far incrementare la fotosintesi. I satelliti possono tenere sotto controllo le condizioni della copertura vegetale attraverso uno specifico indice di misurazione della clorofilla, che appunto può fornire utili indizi sull’andamento delle emissioni vulcaniche.

Gli autori del saggio hanno testato questo nuovo utilizzo dei dati di Landsat nell’area del lago Tern, situato negli Stati Uniti nella zona termica della caldera dello Yellowstone. Nell’arco di tempo considerato, lungo ben 38 anni, la salute della vegetazione ha vissuto delle oscillazioni con dei picchi di stress in coincidenza di attività vulcaniche più intense che hanno portato all’innalzamento della temperatura del suolo a oltre 50°C e a un’intensificazione delle emissioni dovuta alla formazione di fumarole.

Questo tipo di monitoraggio delle attività vulcaniche può essere utilizzato proficuamente su zone impervie oppure pericolose per effettuare rilievi in situ e risulta particolarmente utile sugli stratovulcani, che in genere hanno pendici boscose.

 

In alto: immagini Landsat della copertura vegetale nell’area del lago Tern (Crediti: Bogue et al. 2023).