Altera la visione dei cieli notturni, cancellando le stelle, ed è anche un fattore di rischio per gli ecosistemi: si tratta dell’inquinamento luminoso, una questione particolarmente sentita dalla comunità scientifica, che torna alla ribalta per una serie di studi. La raccolta è stata pubblicata recentemente su Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences, rivista scientifica della Royal Society edita sin dal 1887, quando la prima rivista interamente dedicata alla scienza, a sua volta fondata nel 1665, si divise in due pubblicazioni, una dedicata alle scienze biologiche e una a quelle fisiche.

La pubblicazione, che in ogni uscita si occupa di una specifica area della biologia, ha appunto dedicato l’intero numero 1892 all’influenza dell’inquinamento luminoso sull’ambiente (“Light pollution in complex ecological systems”).

Questa forma di contaminazione è dovuta alle fonti di luce artificiale connesse alle attività umane e alla luce solare riflessa dai satelliti e dai detriti spaziali. Tale inquinamento comporta numerosi problemi alle attività scientifiche degli osservatori astronomici e, alterando i cicli naturali di avvicendamento tra ore di luce e di buio, influisce negativamente sugli organismi animali e vegetali che popolano diversi tipi di ecosistemi, compresi quelli marini e quelli del suolo.

La monografia curata dalla Royal Society indaga l’ecologia dell’inquinamento luminoso, analizzando vari ambienti e tipologie di organismi per chiarire meglio le connessioni tra questo fenomeno, le attività umane e l’equilibrio ecologico. Lo scopo della pubblicazione è di approfondire le varie sfaccettature dell’inquinamento luminoso in rapporto all’equilibrio ambientale, insidiato da un’illuminazione sempre più diffusa e in crescita.

Tra gli studiosi che hanno partecipato alla monografia, vi è anche il ricercatore italiano Fabio Falchi (Università di Santiago di Compostela e Istituto di Scienza e Istituto Superiore Fermi, Mantova); Falchi è autore – insieme a Salvador Barà (medesima università) – del primo articolo della raccolta, “Artificial light at night: a global disruptor of the night-time environment”.

Il paper, dopo una sezione introduttiva, esamina gli aspetti principali della luce artificiale come elemento inquinante: tra di essi figurano, ad esempio, il carattere, la grandezza, l’estensione e la sua distribuzione a livello globale. Sono presi in considerazione anche le tendenze nel cambiamento temporale e spettrale della luce, i legami con le sue attuali tecnologie di produzione e infine i principali usi sociali. Gli effetti negativi dell’inquinamento luminoso non sono limitati a determinate zone, ma producono un disturbo globale dell’ambiente notturno.

«Dobbiamo cominciare a trattare l’inquinamento luminoso come gli altri inquinamenti. La luce artificiale di notte è, a tutti gli effetti, un inquinante e come tale va limitato, introducendo dei limiti massimi ammissibili da non superare – ha dichiarato Falchi – I margini per tornare ad avere una notte più sostenibile ci sono e sono molto grandi, visti gli enormi sprechi che si hanno oggigiorno (anzi, notte). Per preservare la biodiversità nel nostro pianeta, un ulteriore e fondamentale aspetto da considerare è la luce artificiale».

In alto: infografica che rappresenta l’impatto dell’inquinamento luminoso in diversi contesti, dalla città alla foresta (Crediti: NoirLab/Nsf/Aura, P. Marenfeld)