Che cosa succederà dopo il pensionamento della Stazione Spaziale Internazionale? Tra gli addetti ai lavori del settore spazio, questa domanda gira già da diversi anni. E la risposta condivisa al momento è una fase di transizione verso la privatizzazione della Iss a partire dal 2030, data limite in cui la Nasa e le agenzie partner si impegnano a mantenere in funzione la casa orbitante.
Questa transizione però non è certo un’operazione semplice. Tanto che l’agenzia spaziale statunitense già nel 2018 ha redatto un vero e proprio piano di transizione, l’International Space Station Transition Report, poi aggiornato nel 2022.
Nella sua versione più recente, il rapporto descrive i passaggi principali di un graduale passaggio dalla gestione pubblica della Iss a quella privata. Ora però questo piano viene messo sotto i riflettori da un organo indipendente della stessa Nasa, e in particolare dall’Aerospace Safety Advisory Panel. Secondo quanto riportato da Spacenews, in un meeting dello scorso 26 ottobre il comitato di sicurezza avrebbe invitato l’agenzia a fornire una spiegazione più completa dei requisiti necessari per la transizione della Iss verso stazione spaziale commerciale.
Tra i rischi individuati dal panel, compaiono prima di tutto i tempi. «L’attuale piano della Nasa per la transizione dalla Iss a una o più destinazioni commerciali – ha detto David West, membro dell’Aerospace Safety Advisory Panel – prevede una tempistica molto serrata. Siamo preoccupati che non ci sia al momento un business case abbastanza chiaro e solido. E questo potrebbe creare rischi programmatici e di sicurezza all’intero piano della Nasa per l’orbita bassa terrestre».
Al momento, la Nasa sta finanziando il lavoro di progettazione di due team su stazioni spaziali commerciali: uno guidato da Blue Origin e Sierra Space, e l’altro da Voyager Space. Una terza società, Northrop Grumman, ha annunciato lo scorso 4 ottobre che avrebbe rescisso il suo accordo con la Nasa, per unire le forze con Voyager Space. Allo stesso tempo, la Nasa sta supportando separatamente anche Axiom Space per sviluppare moduli commerciali che dovrebbero essere installati sulla Iss per poi formare una stazione commerciale autonoma.
Il secondo rischio individuato dal panel di sicurezza è dunque quello di una potenziale frammentarietà di questi progetti. Rischio che la Nasa per altro sta già affrontando – è dello scorso 2 ottobre una richiesta ufficiale inoltrata dall’agenzia alle aziende coinvolte rispetto ai singoli requisiti per le future stazioni commerciali.
Infine, non mancano le preoccupazioni di bilancio. Una delle maggiori sfide è rappresentata dalla capacità di finanziamento della Nasa per sostenere il piano di transizione. L’agenzia ha chiesto un aumento del 7% al suo budget complessivo per il 2024, ma al momento questo non sembra uno scenario realistico. Eppure i finanziamenti del prossimo anno e degli anni a venire saranno determinanti anche per sancire il futuro (economico) della Iss commerciale, almeno nella sua fase iniziale. Un concetto espresso in modo molto chiaro da Patricia Sanders, presidente dell’Aerospace Safety Advisory Panel: «Arriverà inevitabilmente il giorno in cui la stazione giungerà al termine della sua vita, e potremmo non essere in grado di dettare tale data. Per questo occorre allocare risorse, e farlo ora, se vogliamo evitare una catastrofe».