Arriva da un team internazionale di ricercatori guidato da Eleonora Troja, in forza alla NASA, e a cui ha partecipato Luigi Piro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, la conferma che GW170817, l’evento di fusione di due stelle di neutroni registrato per la prima volta sia grazie alle onde gravitazionali che a quelle elettromagnetiche, ha un “sosia”. Nell’articolo che descrive i risultati del loro lavoro, pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications, gli scienziati hanno individuato una esplosione cosmica che presenta una straordinaria somiglianza con quella che, di fatto, ha aperto l’era dell’astronomia multimessaggero, annunciata esattamente un anno fa, il 16 ottobre del 2017. La scoperta è stata fatta utilizzando i dati dei telescopi, tra cui l’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA e l’Osservatorio Swift Neil Gehrels, il Telescopio Spaziale Hubble della NASA / ESA (HST) e il Discovery Channel Telescope (DCT).
Il nuovo oggetto celeste, denominato GRB150101, è stato individuato, come rivela la sua sigla, in lampo di raggi gamma (Gamma-Ray Burst, GRB) dal telescopio spaziale Swift nel gennaio 2015. I dati raccolti, insieme a quelli provenienti da altre osservazioni in altre lunghezze d’onda mostrano che GRB150101B possiede notevoli somiglianze con l’evento di fusione di due stelle di neutroni e la sorgente di onde gravitazionali scoperta dagli interferometri LIGO e VIRGO nel 2017 e noto con la sigla GW170817.
“È un grande salto quello di passare da un oggetto rilevato a due dello stesso tipo”, dice Eleonora Troja. “La nostra scoperta ci indica che eventi come GW170817 e GRB150101B potrebbero rappresentare un’intera nuova classe di oggetti in eruzione che si accendono e spengono e potrebbero essere relativamente comuni”.
La similitudine così stretta tra GRB150101B e GW170817 suggerisce ai ricercatori che i due eventi siano stati generati dallo stesso fenomeno, ovvero la fusione di due stelle di neutroni, una coalescenza catastrofica che ha prodotto un fascio collimato di particelle ad alta energia. Il getto ha prodotto un breve, intenso lampo di raggi gamma, un impulso di alta energia che può durare solo pochi secondi. Il caso di GW170817 ha dimostrato che eventi di questo tipo possono creare increspature nello stesso spazio-tempo, le onde gravitazionali.
L’apparente corrispondenza tra GRB150101B e GW170817 è sorprendente: entrambi hanno prodotto una emissione di raggi gamma insolitamente debole e di breve durata, ed entrambi erano una fonte di luce ottica blu brillante e emissione di raggi X di lunga durata. Le galassie ospiti sono anche molto simili, in base alle osservazioni del telescopio Spaziale Hubble e di quello a Terra DCT. Entrambe sono luminose galassie ellittiche con una popolazione di stelle di qualche miliardo di anni e che sembrano non possedere attività di formazione stellare in corso. Inoltre, qui dalla Terra dovremmo aver visto per entrambi una esplosione “fuori asse”, ovvero solo una porzione laterale del loro getto, che evidentemente non puntava esattamente verso di noi. La scoperta di GRB150101 rappresenta solo la seconda volta che astronomi hanno rilevato un GRB corto fuori asse.
“La bellezza di GW170817 è che ci ha dato un insieme di caratteristiche, un po’ come i marcatori genetici, per identificare nuovi membri della famiglia di oggetti esplosivi a distanze persino maggiori di quanto LIGO possa attualmente raggiungere”, commenta Piro. Ma oltre alle tante similitudini, tra GRB150101B e GW170817, ci sono due differenze molto importanti. Una è la loro distanza da noi. GW170817 è a circa 130 milioni di anni luce dalla Terra, mentre GRB150101 si trova a circa 1,7 miliardi di anni luce di distanza. Anche se Advanced LIGO fosse stato operativo all’inizio del 2015, molto probabilmente non avrebbe rilevato le onde gravitazionali da GRB150101 a causa della sua maggiore distanza. L’altra importante differenza tra GW170817 e GRB150101 è che senza il rilevamento delle onde gravitazionali, il team non conosce le masse dei due oggetti che si sono fusi. Rimane così la possibilità che la fusione fosse tra un buco nero e una stella di neutroni, piuttosto che due stelle di neutroni.
“Quello che abbiamo visto è solo la punta dell’iceberg. Molti di questi eventi sono difficili da scoprire, o perché molto distanti, o in quanto il fascio di radiazione che emettono punta lontano dalla Terra”, conclude Luigi Piro. “Grazie ad Athena, il grande telescopio spaziale in raggi X dell’ESA, saremo in grado di scovare anche i più deboli e capire se hanno tutti la stessa origine”.