Il suo aspetto etereo lo rende particolarmente fotogenico e non è un caso che nella galleria fotografica del telescopio Webb sia stato immortalato per ben due volte: si tratta di Ngc 346, un ammasso che si trova a circa 200mila anni luce di distanza dalla Terra, nella Piccola Nube di Magellano.

Il cluster è ritenuto una delle nursery stellari più vivaci nel vicinato galattico ed è stato scelto come soggetto per le osservazioni del Webb proprio per la sua capacità di indagare in dettaglio queste aree così ‘spumeggianti’.

La Piccola Nube di Magellano è una galassia-satellite della Via Lattea ed è anche più antica della sua illustre vicina: infatti, possiede una quantità ridotta di quegli elementi pesanti che sono forgiati dalle stelle attraverso le fusioni nucleari e le supernove. Dato che le polveri cosmiche si formano da questi elementi, gli scienziati pensavano che la Piccola Nube non fosse particolarmente dotata di questi granelli. Invece, l’osservazione condotta dal Webb su Ngc 346 ha sfatato questa convinzione: la nuova immagine, realizzata con lo strumento Miri (Mid-InfraRed Instrument), mostra la presenza di vaste zone polverose. Nella foto, i viticci blu indicano le emissioni di materiale composto da polveri di silicato e da molecole note come idrocarburi aromatici policiclici; in rosso, invece, sono evidenziate le polveri riscaldate dalle stelle massicce presenti nel ‘cuore’ dell’ammasso. Infine, le macchie e i filamenti luminosi indicano le zone dove ‘risiedono’ le protostelle. Gli astronomi hanno cercato gli astri più rossi e hanno individuato oltre 1000 sorgenti luminose puntiformi: la maggior parte di esse è costituita da giovani stelle ancora nascoste nel loro bozzolo polveroso.

La precedente immagine di Ngc 346 era stata realizzata lo scorso gennaio con lo strumento NirCam (Near-InfraRed Camera) e anch’essa aveva messo in rilievo le caratteristiche dell’ammasso con un dettaglio senza precedenti.

Combinando i dati del Webb sia nel vicino che nel medio infrarosso, gli astronomi sono stati in grado di censire con più accuratezza le stelle e le protostelle di questo dinamico cluster. I risultati di questa indagine, condotta da due diversi punti di vista, comportano una migliore comprensione delle galassie che già esistevano miliardi di anni fa durante il ‘mezzogiorno cosmico’; si tratta di un’era dell’Universo in cui la formazione stellare era al massimo e la concentrazione di elementi pesanti era più bassa, come osservato nella Piccola Nube.

In alto: l’ammasso Ngc 346 visto dal Webb [Crediti: Nasa, Esa, Csa, STScI, Nolan Habel (NASA-JPL) – processamento: Patrick Kavanagh (Maynooth University)]  – L’immagine nelle sue dimensioni originali a questo link