Se la vita si è sviluppata altrove nell’universo che forme potrebbe aver assunto? Partendo dal presupposto che esiste un numero finito di ingredienti chimici nell’Universo ma moltissimi possibili modi di combinarli, un team guidato da scienziati dell’Università del Wisconsin-Madison ha sfruttato queste limitazioni per scrivere un libro contenente centinaia di ricette chimiche potenzialmente in grado di dare origine alla vita.

«L’origine della vita è davvero un processo che nasce dal nulla», afferma Betül Kaçar , astrobiologo finanziato dalla Nasa e professore di batteriologia alla UW-Madison. «Ma quel qualcosa non può accadere una volta sola. La vita dipende dalla chimica e dalle condizioni che possono generare un modello di reazioni autoriproduttive».

Le reazioni chimiche che producono molecole che incoraggiano il ripetersi della stessa reazione ancora e ancora sono chiamate reazioni autocatalitiche. In un nuovo studio pubblicato il 18 settembre sul Journal of the American Chemical Society , Zhen Peng, un ricercatore post-dottorato nel laboratorio Kaçar, e i suoi collaboratori hanno compilato 270 combinazioni di molecole – coinvolgendo atomi di tutti i gruppi e serie della tavola periodica – conper un’autocatalisi prolungata.

«Si pensava che questo tipo di reazioni fossero molto rare», dice Kaçar. “Stiamo invece dimostrando che non è così. Basta guardare nel posto giusto”.

I ricercatori hanno concentrato la loro ricerca su quelle che vengono chiamate reazioni di comproporzionamento. In queste reazioni, due composti che includono lo stesso elemento con un numero diverso di elettroni, o stati reattivi, si combinano per creare un nuovo composto in cui l’elemento si trova nel mezzo degli stati reattivi iniziali.

Per essere autocatalitico, il risultato della reazione deve anche avere materiali di partenza che permettano all’evento di ripetersi, per cui l’output diventa un nuovo input, afferma Zach Adam, coautore dello studio e geoscienziato dell’UW-Madison. Le reazioni di proporzionamento danno luogo a copie multiple di alcune delle molecole coinvolte, fornendo materiali per le fasi successive dell’autocatalisi.

«Non sapremo mai con certezza cosa sia successo esattamente su questo pianeta per generare la vita. Non abbiamo una macchina del tempo», dice Kaçar. «Ma, in una provetta, possiamo creare molteplici condizioni planetarie per capire in primo luogo come possono evolversi le dinamiche necessarie a sostenere la vita».

Lo studio può fornire un ausilio nell’individuazione dei candidati migliori su cui concentrare le osservazioni per la ricerca della vita su altri pianeti.

In apertura: rappresentazione artistica del processo di autocatalisi. Crediti: Betül Kaçar