A poco più di un mese dal lancio di una delle missioni scientifiche più ambiziose di Esa, la missione Euclid vede coinvolti l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
Il satellite Euclid ospita un telescopio a specchio di 1,2 metri di diametro e due strumenti scientifici, il Vis (Visible Instrument) e il Nisp (Near Infrared Spectrometer Photometer), che avranno l’obiettivo principale di osservare il cielo extragalattico con lo scopo di ottenere immagini con altissima risoluzione e misurare gli spettri di milioni di galassie.
Per prepararsi all’enorme mole di dati che la missione invierà, Il Consorzio Euclid – composto da oltre 2500 scienziati provenienti da 300 istituti di 13 paesi europei, di Stati Uniti, Canada e Giappone – ha fornito gli strumenti e l’analisi dei dati scientifici e messo a punto il laboratorio Euclid Flagship, che permetterà una visualizzazione in 3D dell’origine e dell’evoluzione dell’universo.
Nella folta schiera di scienziati coinvolti, parlano italiano circa 200 tra ricercatori e tecnici dell’Inaf, dell’Infn e di numerose università: in primo luogo, l’Università di Bologna e poi Università di Ferrara, Università di Genova, Università Statale di Milano, Università di Roma Tre, Università di Trieste, Sissa e Cisas.
«Questi laboratori digitali ci permettono di indagare l’origine dello schema su larga scala nella distribuzione delle galassie, cioè la cosiddetta ‘rete cosmica’ che osserviamo dalla luce emessa da galassie lontane utilizzando i telescopi più potenti, come la missione satellitare Euclid. Successivamente, utilizzando le informazioni codificate nella distribuzione delle galassie, possiamo testare il modello cosmologico standard e comprendere la natura della misteriosa energia oscura che guida l’espansione accelerata osservata dell’universo», si legge sul sito del consorzio Euclid
Il laboratorio consente agli scienziati di modellare l’evoluzione delle galassie distanti nei tempi cosmici, combinata con la dinamica delle strutture sottostanti della materia oscura in cui esse vivono. «Utilizzando simulazioni numeriche che fanno evolvere un gran numero di particelle di materia oscura su volumi cosmologici sotto la loro stessa attrazione gravitazionale, possiamo prevedere come si sono formate ed evolute le galassie più distanti e la loro distribuzione attraverso la sfera celeste».
La simulazione elaborata con supercomputer ripropone ‘finte galassie’ per circa quattro trilioni di particelle di materia oscura, sviluppata utilizzando un codice N-body altamente efficiente, Pkdgrav3, un treecode a N-corpi ad alte prestazioni per simulazioni astrofisiche auto gravitanti. Pkdgrav3 è progettato per funzionare in modo efficiente – in seriale e su un’ampia varietà di computer paralleli – tra cui memoria condivisa e architetture di passaggio dei messaggi, con o senza accelerazione Gpu, un processore grafico con un circuito elettronico progettato per accelerare la creazione di immagini.
Oltre alle particelle di materia oscura, questa simulazione include anche l’effetto gravitazionale dei neutrini massicci che lasciano un’impronta caratteristica nella distribuzione su larga scala della materia oscura e delle galassie. Inoltre, gli effetti relativistici generali, come la radiazione e le fluttuazioni del potenziale gravitazionale, che sono presenti nella prima evoluzione dell’universo, sono stati anche accuratamente modellati.
Gli scienziati di Euclid hanno progettato una pipeline per assegnare le galassie a strutture di materia oscura, chiamate aloni, utilizzando tecniche all’avanguardia. Lo schema utilizzato si basa su una combinazione della cosiddetta distribuzione dell’occupazione dell’alone, cioè quante galassie popolano un alone di materia oscura ospite di una data massa e tecniche di abbinamento dell’abbondanza che associano gli aloni più massicci alle galassie più luminose che osserviamo.
In apertura: estratto della simulazione, che va dall’Universo locale di oggi (a sinistra) fino a quando aveva circa 3 miliardi di anni (a destra), quando gli ammassi di galassie stavano iniziando a formarsi. Le galassie centrali, che popolano il centro degli “aloni” di materia oscura, sono colorate di blu. Le galassie satelliti, che risiedono in aloni massicci in orbita attorno alle loro galassie centrali, sono indicate in rosso. Credito ESA/Consorzio Euclid