La sua forma ricorda un tipo di brocca in ceramica diffuso in Inghilterra a partire dalla metà del XVIII secolo, tanto da farle guadagnare il nomignolo di nebulosa ‘Toby Jug’: l’entità celeste in questione è Ic 2220, una scintillante nebulosa a riflessione situata a circa 1200 anni luce di distanza dalla Terra, in direzione della costellazione della Carena.

La nebulosa è stata osservata dal telescopio Gemini South, uno dei due componenti dell’Osservatorio Internazionale Gemini, gestito dall’ente americano NoirLab (National Optical-InfraRed Astronomy Research Laboratory); nello specifico, per realizzare il ritratto di Ic 2220, gli scienziati si sono serviti dello spettrografo Gmos (Gemini Multi-Object Spectrograph).

Ic 2220 presenta una struttura bipolare quasi simmetrica, costituita da gas e polveri e piuttosto rara. Gli astronomi ritengono che si sia formata in seguito all’interazione tra una stella gigante rossa – denominata Hr 3126 e situata nel ‘cuore’ della nebulosa – che sta giungendo al suo ‘capolinea’, e una sua sfortunata compagna finita a brandelli. Ic 2220 ha destato un notevole interesse tra gli addetti ai lavori perché la fase di vita in cui si trova Hr 3126 consente di approfondire le dinamiche dell’evoluzione stellare.

Le giganti rosse si formano quando una stella consuma la riserva di idrogeno presente nel suo nucleo e comincia a contrarsi; questo processo comporta un innalzamento della temperatura interna, che, a sua volta, produce un rigonfiamento dell’astro pari anche a 400 volte la sua dimensione originaria. Hr 3126 è molto più giovane rispetto al Sole (‘solo’ 50 milioni di anni), ma ha una massa 5 volte superiore; questa caratteristica ha fatto sì che la stella abbia raggiunto la condizione di gigante rossa in tempi piuttosto brevi.

Quando Hr 3126 ha iniziato a gonfiarsi, la sua atmosfera ha vissuto una fase di espansione e ha iniziato a liberarsi dei suoi strati esterni; il materiale espulso si è diffuso nello spazio circostante formando la singolare struttura a forma di brocca che riflette la luce della stella. Precedenti studi sulla nebulosa Ic 2220, osservata nell’infrarosso, hanno evidenziato che, molto probabilmente, il composto chimico che riflette la luce di Hr 3126 è il biossido di silicio.

Gli scienziati hanno appunto ipotizzato la presenza di un’eventuale compagna con cui la gigante rossa avrebbe interagito, dopo aver osservato un disco di materiale estremamente compatto intorno a questa stella; la scoperta suggerisce che nel disco possano essere finiti i brandelli di questo secondo astro, la cui drammatica fine avrebbe dato il via alla formazione della nebulosa circostante.

In alto: la nebulosa Ic 2220 vista dal telescopio Gemini South [Crediti: International Gemini Observatory/NoirLab/Nsf/Aura – Image processing: T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab), J. Miller (Gemini Observatory/Nsf’s NoirLab), M. Rodriguez (Gemini Observatory/Nsf’s NoirLab), M. Zamani (Nsf’s NoirLab)] – La foto nelle dimensioni originali a questo link