Ancora 4 anni e il nuovo telescopio spaziale intitolato alla “mamma di Hubble” sarà lanciato dalla Nasa: il Nancy Grace Roman Space Telescope o Wide Field Infrared Telescope.

Con il suo ampio campo visivo a raggi infrarossi gli astronomi vogliono approfondire la struttura e l’evoluzione dell’universo e in particolare la materia oscura, con cui intendono spiegare l’accelerazione che l’universo sta intraprendendo nel suo moto di espansione.

A partire da Cosmo DC2, un catalogo sintetico che simula l’Universo, gli scienziati del Goddard Space Flight Center della Nasa hanno avviato un sondaggio (Survey) per decidere su quali osservazioni concentrare le capacità del nuovo telescopio.

La simulazione ha individuato un numero sorprendente di galassie: 33 milioni.

«Il volume di dati che raccoglierà Roman non ha precedenti – ha detto Michael Troxel, professore di fisica presso la Duke University, in Carolina del Nord – La nostra simulazione è un banco di prova che possiamo utilizzare per assicurarci di ottenere il massimo dalla missione».

L’indagine simulata del telescopio Roman comprende 20 gradi quadrati di cielo, che equivalgono all’incirca a 95 lune piene, quella effettiva sarà 100 volte più grande.

Lo studio, sarà integrato da altri telescopi spaziali come il Webb, ma soprattutto da Terra con il Vera Rubin in Cile che sarà operativo dal prossimo anno; per entrambi, infatti, gli scienziati stanno utilizzando lo stesso catalogo Cosmo DC2 per poi pianificare e confrontare i risultati.

L’High Latitude Wide Area Survey di Roman aiuterà a creare una sorta di mappa della materia oscura attraverso due metodi applicati alla stessa area dell’Universo: l’imaging, che mostrerà la posizione e la forma delle galassie, e la spettroscopia che misura l’intensità della luce di un oggetto cosmico a diverse lunghezze d’onda.

Sebbene la materia oscura sia invisibile, gli astronomi possono rivelare la sua presenza osservando i suoi effetti sulla materia vera e propria. In particolare gli astronomi contano di studiare l’effetto della lente gravitazionale: ovvero la luce che, provenendo da corpi lontani, si distorce mentre attraversa i corpi che si frappongono, i quali con la loro massa deformano il tessuto spazio-tempo, ingrandiscono lo sfondo e fanno da lente. Roman sarà abbastanza sensibile da sfruttare anche lenti deboli per vedere come blocchi di materia oscura deformano l’aspetto delle galassie lontane.

 

«Con l’enorme campo visivo di Roman, individueremo nuove opportunità scientifiche, e impareremo anche ad aspettarci l’inaspettato – ha affermato Julie McEnery, senior project scientist della missione – I dati del telescopio Roman aiuteranno a risolvere misteri, ma anche a crearne di nuovi».

 

Immagine in apertura: area simulata dagli astronomi – Crediti: Goddard Space Flight Center / M. Troxel