La stagione fredda non porta sollievo alla copertura glaciale della Groenlandia che continua a subire gli effetti della crisi climatica anche inverno: è quanto riscontrato da un gruppo di scienziati per i ghiacciai della grande isola danese, dove il collasso di alcuni laghi di fusione ha provocato un’accelerazione dello scorrimento del ghiaccio verso il mare. Il fenomeno, riscontrato soprattutto nell’area del ghiacciaio Jacobshavn (Groenlandia occidentale), è al centro di un recente studio pubblicato su Geophysical Research Letters (articolo: “Wintertime supraglacial lake drainage cascade triggers large-scale ice flow response in Greenland”); l’indagine, che si basa su una pluralità di dati satellitari, è stata svolta da un team di scienziati delle Università di Grenoble e della California-Irvine e della Dtu-Università Tecnica della Danimarca.

Il gruppo di lavoro ha utilizzato le informazioni delle ‘sentinelle’ del programma europeo Copernicus (in particolare i dati di Sentinel-1 e 2) e quelle di Landsat, il programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972; nello specifico, sono stati impiegati i dati Sar di Sentinel-1 e le immagini di Sentinel-2 e Landsat 8.

Analizzando il materiale in un arco di tempo compreso tra il 15 febbraio e il 29 aprile 2018, gli studiosi hanno rilevato che nel pieno dell’inverno un lago formato da acque di fusione era praticamente sparito. Il bacino, documentato da quasi 50 anni, era coperto da uno strato di neve e ghiaccio, ma al di sotto la sua acqua si era mantenuta allo stato liquido. All’improvviso, il lago è collassato e l’acqua si è insinuata nello strato sottostante di ghiaccio, spingendosi fino al letto roccioso. Questo processo si è fatto ‘sentire’ sulla coltre glaciale, che ha iniziato a muoversi verso il Mar Glaciale Artico: in pratica, l’acqua di fusione si è comportata come una sorta di lubrificante.

Il drenaggio di questo vecchio lago ha provocato poi il collasso di altre pozze presenti nella zona: in tutto, sono stati coinvolti 18 bacini che hanno rilasciato circa 180 milioni di tonnellate di acqua di fusione. È la prima volta che un fenomeno del genere viene rilevato durante l’inverno ed è quindi un ulteriore segnale del precario ‘stato di salute’ di queste regioni.

Secondo il gruppo di lavoro, lo scenario richiede ulteriori approfondimenti: certamente, il riscaldamento globale ha svolto un ruolo consistente, ma potrebbero essere entrati in gioco altri fattori che riguardano l’idrologia delle piattaforme glaciali, i cambiamenti nelle masse di ghiaccio e i cicli di vita dei laghi di fusione. Il bacino che è collassato per primo, infatti, era piuttosto vecchio, ma sono stati individuati laghi che sono collassati dopo pochi anni dalla loro formazione. «È essenziale analizzare cosa accade quando il processo di fusione avviene durante l’inverno – ha dichiarato Jonas Kvist Andersen, uno degli autori dello studio – in modo tale che queste conoscenze possano essere inserite in futuri modelli per studiare il cambiamento climatico».

In alto: l’area del ghiacciaio Jocobshavn visto da Landsat 8 (Crediti: Nasa Earth Observatory images by Joshua Stevens, using Landsat data from the U.S. Geological Survey, and data courtesy of Josh Willis/Nasa Jpl and the Oceans Melting Greenland Program)