È il ‘re’ dei cinque satelliti naturali di Plutone, è stato scoperto nel 1978 e il suo polo nord è caratterizzato da una calotta rossastra: si tratta di Caronte, protagonista di un nuovo studio di Icarus mirato a chiarire l’origine dei suoi canyon e criovulcani.
La ricerca (articolo: “The challenges of driving Charon’s cryovolcanism from a freezing ocean”) è stata coordinata dal Southwest Research Institute e si è basata sia sui dati della sonda New Horizons della Nasa, sia su modelli informatici. La sonda, il 14 luglio 2015, è stata il primo manufatto umano ad aver raggiunto il sistema di Plutone ai confini del Sistema Solare, svelando i segreti di un contesto remoto e ricco di sfaccettature.
Gli studiosi, dunque, hanno ripreso in mano i dati raccolti da New Horizons in occasione della storica ‘visita’ a Plutone e hanno utilizzato dei modelli informatici innovativi per comprendere al meglio le formazioni della crosta di Caronte. Questa luna, in base ad analisi geologiche e modelli orbitali, doveva avere un oceano sub-superficiale che, nel tempo, si è ghiacciato.
Le nuove simulazioni suggeriscono che i canyon (Serenity e Mandjet Chasma) si siano formati come conseguenza del congelamento di questo oceano interno: infatti, esso, ghiacciandosi, avrebbe aumentato il suo volume creando tensioni nel gelido guscio esterno di Caronte e mettendo sotto pressione l’acqua sottostante. La superficie della luna sarebbe stata messa a dura prova anche dal nuovo ghiaccio in formazione nello strato più interno del guscio. Nelle simulazioni, inoltre, sono stati proposti diversi tipi di oceano in base alla composizione chimica: uno costituito da acqua, un altro da ammoniaca e un terzo in cui erano presenti ambedue le sostanze.
Quando le fratture si sono estese lungo l’intera crosta ghiacciata e si sono fatte ‘sentire’ anche sull’oceano sottostante, l’acqua si sarebbe insinuata attraverso gli spacchi, eruttando in superficie; questa, secondo il gruppo di lavoro, sarebbe l’origine del criovulcanismo. Restano tuttavia degli interrogativi aperti, dato che i modelli dell’interno di Caronte prospettano una ‘corazza’ di ghiaccio troppo spessa per essere sgretolata completamente da queste tensioni.
Inoltre, gli studiosi pensano che sia molto importante considerare il tempismo del congelamento dell’oceano: le orbite sincrone e circolari di Plutone e Caronte si sono stabilizzate relativamente presto, quindi il riscaldamento mareale si è verificato solo nei primi milioni di anni della loro storia.
Il gruppo di lavoro ritiene che lo scenario proposto richieda ulteriori approfondimenti dell’attività geologica di Caronte, soprattutto per quanto riguarda l’origine oceanica del criovulcanismo.
In alto: Caronte visto da New Horizons (Crediti: Nasa/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute) – L’immagine nelle dimensioni originali a questo link.