Nell’osservare la nostra galassia, circa quaranta anni fa, rimase incuriosito da una ‘famiglia’ di strutture pendenti nel centro della Via Lattea la cui origine non era chiara: oggi, Farhad Zadeh, astrofisico della Northwestern University di Evanston (Illinois), ha scoperto strutture simili – ma molto più antiche – in altre galassie.
Pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, lo studio di Zadeh e del suo team avanza l’ipotesi che i filamenti potrebbero derivare da un’interazione tra vento galattico su larga scala e nubi oppure da turbolenze formatesi all’interno di un debole campo magnetico.
«I meccanismi fisici sottesi ai filamenti galattici, inclusi quelli di recente scoperta, sono simili nonostante gli ambienti molto diversi. Gli oggetti fanno parte della stessa ‘famiglia’, ma i filamenti al di fuori della Via Lattea sono ‘cugini’ più antichi e lontani nel tempo e nello spazio» afferma Zadeh.
A differenza di quelli ‘nostrani’, i filamenti appena scoperti risiedono all’interno di un ammasso di galassie, situato a un miliardo di anni luce dalla Terra. Alcune delle galassie al suo interno sono radiogalassie attive che sembrano essere un terreno fertile per la formazione di filamenti magnetici su larga scala.
Seppure simili a quelli della nostra Via Lattea, le strutture più recenti mostrano alcune differenze fondamentali: sono molto più grandi (da 100 a 10.000 volte più lunghi), più vecchi e i loro campi magnetici sono più deboli. La maggior parte di essi pende curiosamente – con un angolo di 90 gradi – dai getti di un buco nero nel vasto nulla del mezzo intracluster (vale a dire lo spazio incuneato tra le galassie all’interno dell’ammasso).
Le affinità comuni ad entrambe le popolazioni confermano che le strutture potrebbero trasportare energia attraverso gli stessi meccanismi: quelli più vicini al getto hanno in comune elettroni più energetici e perdono energia man mano che si spostano lungo il filamento.
Un’ipotesi in merito afferma che il getto del buco nero potrebbe fornire le particelle che avviano il processo per un nuovo filamento; tuttavia, non è ancora noto il fattore che induce le particelle ad accelerare, raggiungendo lunghezze sorprendenti (fino a 200 kiloparsec).
Potrebbe trattarsi dell’interazione tra il vento galattico e un ostacolo, ad esempio una nuvola; mentre il vento avvolge l’ostacolo, crea dietro di esso una coda simile a una cometa.
«Il vento deriva dal movimento della galassia stessa mentre ruota. È come quando metti la mano fuori dal finestrino di un’auto in movimento. Fuori non c’è vento, ma senti l’aria che si muove. Quando la galassia si muove, crea vento che si potrebbe incanalare in aree dove le particelle dei raggi cosmici sono abbastanza libere. Spazzando via il materiale si crea una struttura filamentosa», ha spiegato Zadeh.
In apertura: immagini radio ravvicinate dei filamenti magnetici. Il filamento all’estrema sinistra proviene da una galassia esterna. Con una lunghezza di 100 kiloparsec, sovrasta gli altri tre filamenti della galassia della Via Lattea, che misurano 28 parsec, 12 parsec e 6 parsec di lunghezza. Crediti: Rudnick e collaboratori, 2022