La Nasa ha intenzione di impiegare la Stazione Spaziale Internazionale anche per uso commerciale e dunque per un ritorno economico. La recente missione Axiom-1 ne è un esempio.
Le potenziali opportunità di creare reti industriali e commerciali all’interno dell’orbita terrestre bassa ampliano ulteriormente il dibattito sull’impatto ambientale dell’attività spaziale. Tra le rivali sul mercato commerciale Blue Origin asserisce che i suoi razzi siano i più ecologici grazie ai propellenti a base d’idrogeno e ossigeno liquido, mentre la Virgin Galactic usa carburane ibrido composto da carbonio solido, butadiene e azoto. Il più inquinante, a base di kerosene e ossigeno liquido sarebbe il Falcon 9 di SpaceX, appena utilizzato da Axiom Space, ma che in compenso ritorna sulla Terra.
Il carburante dei razzi genera sottoprodotti pericolosi per l’ambiente e fuliggine nera; questa assorbe i raggi solari e contribuisce a riscaldare l’atmosfera terrestre.
Nell’intento ecologico di creare propulsori riutilizzabili, bisogna anche fare i conti con gli inquinanti rilasciati al rientro: Il booster di SpaceX raggiunge un’altitudine di circa 140 km prima di tornare sulla Terra. I gas prodotti possono rimanere per anni negli strati superiori dell’atmosfera, mentre nello strato inferiore l’inquinamento è più contrastato dagli eventi meteorologici e da maggiori reazioni chimiche.
Tuttavia le emissioni prodotte sulla Terra dall’industria aeronautica, al momento risultano molto più inquinanti della Space Economy: per esempio le emissioni totali della missione Axiom-1, in rapporto, sono 100 volte inferiori di quelle prodotte quotidianamente dai passeggeri del trasporto aereo.