Gli equipaggi di missioni interplanetarie tenderanno ad aumentare la propria autonomia. Questo è il risultato di una recente ricerca che ha analizzato le conseguenze del confinamento sulla psicologia umana e sulle dinamiche di squadra. Lo studio ha osservato l’evoluzione della comunicazione di equipaggi autonomi grazie alle due simulazioni terrestri di missioni interplanetarie realizzate nel 2017 e 2019 dal progetto internazionale Sirius.
I risultati, pubblicati su Frontiers in Physiology, mostrano una tendenza dell’equipaggio ad aumentare la propria autonomia rispetto all’esterno: nelle due simulazioni, la prima dalla durata di 17 giorni mentre la seconda di quattro mesi, il team in missione ha, infatti, comunicato con il centro di controllo a Terra sempre meno nel tempo, diminuendo la condivisione di problemi e bisogni. Secondo i ricercatori questo esito è la diretta conseguenza dell’adattamento dell’equipaggio alle condizioni specifiche della missione, oltre a esser dovuto ai ritardi nelle comunicazioni con il centro di controllo, gap comunicativi ricreati nelle simulazioni terrestri come quelli che sperimenterebbero colonie sulla Luna o su Marte.
L’incapacità di ricevere immediatamente conferme e informazioni, quindi la difficoltà per l’equipaggio di limitare dubbi e incertezze, porta a un corto circuito comunicativo che aumenta la rottura tra astronauti e controllori: se da un lato accresce l’autonomia del team in missione, dall’altro, il centro di controllo diventa incapace di prendere decisioni efficaci a causa di un minor confronto e una comprensione sempre meno chiara della situazione a bordo.
La conseguenza diretta è la difficoltà dei controllori nell’offrire raccomandazioni pratiche agli astronauti isolati.
«I rari scoppi di contatti sono stati visti durante eventi importanti della missione (ad esempio la simulazione di atterraggio) – afferma l’autore dello studio Dmitry Shved, dell’Accademia Russa delle Scienze e dell’Istituto dell’Aviazione di Mosca – Inoltre, c’è stata una convergenza degli stili di comunicazione di tutti i membri dell’equipaggio Sirius, e un aumento della loro coesione nel corso della missione. Questo è successo anche se la composizione dell’equipaggio era diversa per sesso e anche per background culturale, con pronunciate differenze individuali»
L’isolamento comunicativo è tangibile. All’interno di Sirius-19, simulazione del 2019 durata 4 mesi, i contatti dell’equipaggio con gli osservatori esterni sono diminuiti drasticamente: dalle 320 conversazioni audio per un totale di 11 ore di contatto nei primi dieci giorni si è passati alle 34 conversazioni per soli 77 minuti di comunicazione totale negli ultimi 10 giorni. Dall’undicesimo giorno della missione simulata è stato introdotto il ritardo di comunicazione.
Anche il numero di messaggi video inviati al centro di controllo è diminuito bruscamente, passando da 200 contatti nella prima settimana di isolamento a 115-120 nelle fasi finali.
In accordo con precedenti esperimenti, come il progetto Mars500 di Esa, anche in questo studio emerge la manifestazione del fenomeno psicologico del “distacco”: «I nostri risultati mostrano che in condizioni di autonomia, gli equipaggi subiscono una “autonomizzazione” psicologica, diventando meno dipendenti dal controllo della missione – conclude Shved – La crescente coesione dell’equipaggio dovrebbe anche aiutarli ad affrontare i vari problemi durante la loro missione».
Tuttavia, la ricerca mostra come l’autonomia possa diventare anche uno dei fattori di stress significativi che richiedono particolare attenzione. Lo stesso fenomeno del “distacco” potrebbe implicare il rischio di una deriva patologica sul lungo periodo: la perdita dell’immagine visiva del pianeta natale e l’isolamento potrebbero, infatti, influenzare negativamente l’umore, il morale e l’attività generale dell’equipaggio, alimentando il rischio del groupthink, ossia una coesione estrema dell’equipaggio tale da aderire acriticamente a decisioni sconsiderate e irrazionali, senza ascoltare consigli esterni, condizione che potrebbe minacciare seriamente gli esiti della missione.
Rimane quindi necessario approfondire con ulteriori ricerche e simulazioni tutte le diverse sfaccettature con cui l’isolamento potrebbe manifestarsi nelle future colonie interplanetarie.
Crediti immagine in evidenza: Nasa/Ren Wicks