Il suo nome deriva dal greco e designa un tipo di argilla molto comune su Marte, al punto da essere diffusa su quasi metà del pianeta e soprattutto nell’emisfero sud: si tratta della smectite, salita agli onori della cronaca per un nuovo studio che ha cercato una spiegazione per gli echi radar molto evidenti provenienti dalla sotto-superficie del polo meridionale del corpo celeste. La ricerca, coordinata dalla York University di Toronto, è stata pubblicata su Geophysical Research Letters (articolo: “A Solid Interpretation of Bright Radar Reflectors Under the Mars South Polar Ice”); a svolgerla è stato un gruppo di lavoro internazionale, di cui fa parte anche il geologo italiano Stefano Nerozzi, ora in forze all’Università dell’Arizona.

Gli studiosi, basandosi su esperimenti di laboratorio e modelli informatici, hanno voluto verificare se gli echi radar  osservati al polo sud di Marte dalla sonda Mars Express dell’Esa – con Marsis, strumento che fa parte del contributo italiano alla missione – fossero effettivamente ascrivibili alla presenza di acqua, come ritenuto in un primo momento.

Secondo alcuni per sciogliere il ghiaccio della calotta polare e far sì che si formi dell’acqua, sarebbero  necessarie quantità di sale e di calore di gran lunga superiore a quelle ‘fornite’ dal Pianeta Rosso; dunque, il  responsabile degli echi radar molto evidenti provenienti dalla sotto-superficie andrebbe cercato in un altro materiale e il candidato più adeguato è stato trovato nella già citata smectite.

Iniziando da questo punto di partenza, il team della ricerca si è impegnato in una serie di attività sperimentali misurando le caratteristiche radar della smectite in diverse condizioni ambientali (fino a -43°C).

Al termine delle simulazioni, gli scienziati hanno ipotizzato che il fenomeno degli echi radar molto evidenti potrebbe essere attribuito appunto alla smectite, minerale argilloso che si forma quando il basalto (la roccia vulcanica che costruisce la maggior parte della superficie di Marte) si frantuma chimicamente in presenza d’acqua.

Secondo gli autori del saggio, la possibile esistenza di questo materiale nell’area della calotta polare sud è di grande rilievo perché suggerisce l’esistenza di sedimenti che, in passato, potrebbero aver interagito con l’acqua addirittura prima che vi fosse il ghiaccio.

 

 

In alto: il polo sud di Marte visto da Mars Express (Crediti: Esa/Dlr/Fu Berlin/Bill Dunford)