Un team internazionale di astronomi ha osservato il primo esempio di un nuovo tipo di supernova. La scoperta, che conferma una previsione fatta quattro decenni fa, potrebbe portare a nuove intuizioni sulla vita e la morte delle stelle. Il lavoro è pubblicato il 28 giugno su Nature Astronomy.
«Una delle domande principali in astronomia è confrontare come evolvono le stelle e come muoiono», dice Stefano Valenti, professore di fisica e astronomia all’Università della California, Davis, e membro del team che ha scoperto e descritto la supernova 2018zd.
Esistono due tipi noti di supernova. Il primo tipo di esplosione di supernova avviene quando una stella massiccia, più di 10 volte la massa del nostro sole, esaurisce il suo carburante e il nucleo collassa in un buco nero o in una stella di neutroni. Una supernova termonucleare si verifica, invece, quando una nana bianca, i resti di una stella fino a otto volte la massa del sole, esplode.
Nel 1980, Ken’ichi Nomoto dell’Università di Tokyo ipotizzo un terzo tipo chiamato supernova a cattura di elettroni. Ciò che impedisce alla maggior parte delle stelle di collassare sotto la propria gravità è l’energia prodotta nel loro nucleo centrale. In una supernova a cattura di elettroni, quando il nucleo esaurisce il carburante, la gravità forza gli elettroni nei loro nuclei atomici, facendo collassare la stella su sé stessa.
La Supernova 2018zd è stata rilevata nel marzo 2018, circa tre ore dopo l’esplosione. Le immagini d’archivio del telescopio spaziale Hubble e del telescopio spaziale Spitzer mostrarono un oggetto debole che era probabilmente la stella prima dell’esplosione. La supernova è relativamente vicina alla Terra, a una distanza di circa 31 milioni di anni luce nella galassia NGC2146.
Il team, guidato da Daichi Hiramatsu dell’UC Santa Barbara e dell’Osservatorio Las Cumbres, ha raccolto dati sulla supernova nei due anni successivi. Gli astronomi della UC Davis, tra cui Valenti e i neo laureati Azalee Bostroem e Yize Dong, hanno contribuito a un’analisi spettrale della supernova nei due anni successivi alla sua esplosione, a verifica che 2018zd fosse una supernova a cattura di elettroni.
La teoria, infatti, prevede che le supernove a cattura di elettroni dovrebbero mostrare uno spettro chimico stellare insolito negli anni successivi.
«Gli spettri osservati grazie al telescopio Keck confermano chiaramente che SN 2018zd è il nostro miglior candidato per essere una supernova a cattura di elettroni», conferma Valenti.
I dati dello spettro tardivo non erano l’unico pezzo del puzzle. Il team ha esaminato tutti i dati pubblicati sulle supernove, e ha scoperto che la maggioranza aveva solo alcuni degli indicatori previsti per le supernove a cattura di elettroni. Soltanto SN 2018zd li aveva tutti e sei: un’apparente stella progenitrice del tipo Super-Asymptotic Giant Branch (SAGB); forte perdita di massa pre-supernova; un insolito spettro chimico stellare; una debole esplosione; poca radioattività; e un nucleo ricco di neutroni.
Le nuove scoperte illuminano anche alcuni misteri della più famosa supernova del passato. Nel 1054 d.C. si verificò una supernova nella Via Lattea. Secondo i registri cinesi era così luminosa che poteva essere vista di giorno per ben 23 giorni e di notte per quasi due anni. Il residuo risultante, la Nebulosa del Granchio, è stato studiato nei minimi dettagli. In precedenza era il miglior candidato per una supernova a cattura di elettroni, un’ipotesi che però restava incerta perché l’esplosione avvenne quasi mille anni fa. Il nuovo risultato aumenta la fiducia che l’evento che ha formato la Nebulosa del Granchio sia effettivamente stato una supernova a cattura di elettroni.
«Sono molto contento che sia stata finalmente scoperta la supernova a cattura di elettroni, che io e i miei colleghi 40 anni fa avevamo previsto esistesse e avesse una connessione con la Nebulosa del Granchio. Questo è un caso meraviglioso della combinazione di osservazioni e teoria», ha detto Nomoto, che è anche tra gli autori dell’attuale articolo.