Il 9 settembre 2018 alcuni astronomi hanno individuato un lampo da una galassia distante 860 milioni di anni luce. La fonte era un buco nero supermassiccio, circa 50 milioni di volte la massa del Sole. Normalmente silenzioso, il gigante gravitazionale si è svegliato all’improvviso per divorare una stella di passaggio, in un raro caso noto come evento di distruzione mareale. Quando i detriti stellari sono caduti verso il buco nero, hanno rilasciato un’enorme quantità di energia sotto forma di luce.
I ricercatori del Mit e dell’Eso hanno utilizzato più telescopi per tenere d’occhio l’evento, osservando che mentre il buco nero divorava la stella mostrava proprietà simili a quelle di ‘colleghi’ di massa stellare molto più piccoli. I risultati della ricerca suggeriscono che l’accrescimento dei buchi neri è indipendente dalle loro dimensioni. Il processo di accrescimento accelera quando un buco nero subisce un enorme afflusso di materiale, come durante un evento di distruzione mareale.
I risultati dello studio sono stati confermati dall’osservazione di un evento simile, intercettato da una serie di missioni: Chandra, Swift e Xmm Newton e dallo strumento Nicer a bordo della Iss. Secondo gli astronomi, questi fenomeni violenti forniscono una panoramica sulla formazione di strutture complesse molto vicine ai buchi neri, come il disco di accrescimento e la corona. Studiare l’evoluzione di queste strutture e la loro interazione nell’ambiente estremo che si forma in seguito alla distruzione di una stella, è un passo cruciale per comprendere le leggi fisiche che governano l’esistenza dei buchi neri.