Da giovane, circa due miliardi di anni dopo il Big Bang, l’universo era più polveroso di quanto ci si potrebbe aspettare. La maggior parte dei corpi celesti ancora non esisteva, eppure una grande quantità di gas era già concentrata in una serie di galassie giganti, ricche di stelle. Ora un nuovo studio guidato dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste getta per la prima volta luce su questo misterioso fenomeno. Combinando dati raccolti dal telescopio Alma in Cile con modelli teorici, gli scienziati hanno trovato l’origine di queste antiche galassie polverose: un rapido aumento di gas e polveri riconducibile all’elevata concentrazione di metalli nel giovane universo.
Il nuovo studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, aiuta finalmente a comprendere la natura e l’evoluzione dei primi inquilini galattici del cosmo. Fin dalla loro scoperta, 20 anni fa, queste galassie – ribattezzate dusty star-forming galaxies – sono diventate un rompicapo per gli astronomi.
«Da un lato sono difficili da individuare, perché sono situate in zone dense dell’universo lontano e le particelle di polvere che contengono assorbono la maggior parte della luce emessa dalle stelle giovani – spiega Darko Donevski, prima firma dello studio – Dall’altro lato molti di questi giganti polverosi si sono formati quando l’universo era molto giovane, e gli scienziati si sono arrovellati su come tanta polvere potesse essere stata prodotta in così poco tempo».
Grazie ai dati del telescopio Alma, Donevski e colleghi sono riusciti a catturare la luce infrarossa proveniente dalle nubi distanti di polvere, svelando così la presenza di grandi e antiche galassie che ospitavano nuove stelle in formazione. Gli scienziati si sono poi concentrati su 300 esemplari di questi giganti polverosi. Riproducendo le loro distribuzioni spettrali di energia, i ricercatori hanno dedotto le proprietà fisiche di questi oggetti.
«Nella maggior parte delle galassie abbiamo trovato un’enorme quantità di polvere. Le nostre stime indicano che una tale quantità non possa essere stata prodotta solamente dalle esplosioni di supernove, come si pensava in precedenza. Una parte deve avere avuto origine dalla collisione di particelle nel gas, ricco di metalli, che circonda le stelle massicce, come previsto dai modelli teorici. È la prima volta che le osservazioni supportano l’esistenza di entrambi i meccanismi di produzione» racconta Donevski.
Per validare i risultati ottenuti, gli scienziati hanno utilizzato il programma di simulazione Simba, in grado di riprodurre la formazione e l’evoluzione delle galassie dall’origine dell’universo a oggi. I dati sembrano dimostrare questa doppia origine della polvere cosmica nell’Universo lontano, dovuta a esplosioni di supernove e concentrazione di metalli. Spetterà ai futuri telescopi spaziali, come il James Webb Telescope, confermare questa teoria, svelando nuovi indizi sulle galassie polverose che popolavano l’universo bambino.