Il ‘meteo’ di Giove continua ad essere perturbato: dopo il recente scatto del telescopio Hubble, che inquadrava – tra l’altro – un ciclone in crescita nell’emisfero nord del pianeta, ora è ‘osservato speciale’ il polo sud, interessato da una serie di tempeste vorticose, disposte secondo un insolito schema geometrico. Il fenomeno è stato riscontrato per la prima volta lo scorso anno da Juno, sonda Nasa che vanta un significativo contributo italiano, ed è al centro di uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (articolo: “Modeling the stability of polygonal patterns of vortices at the poles of Jupiter as revealed by the Juno spacecraft”); l’indagine è stata curata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Berkeley e del California Institute of Technology.

Il gruppo di lavoro, oltre ai dati di Juno, ha utilizzato delle simulazioni, basandosi su formule matematiche sviluppate oltre 140 anni fa dal fisico britannico Lord Kelvin, noto per la scala che misura la temperatura assoluta. Gli scienziati sono così giunti a proporre una spiegazione per il curioso comportamento delle tempeste gioviane, che, con dimensioni ben più vaste, presentano similitudini con gli uragani che in taluni periodi infuriano sulla Terra. Le manifestazioni estreme, sul colosso del Sistema Solare, tendono a formarsi nei pressi dell’equatore per poi dirigersi verso i poli; in parte questo avviene pure sul nostro pianeta, dove però le tempeste tendono a dissolversi quando si avventurano in zone troppo lontane da quella equatoriale, sia per la presenza dei continenti, sia per la carenza di acqua calda. Il quadro di Giove è diverso: la mancanza di terre emerse comporta fenomeni di attrito molto ridotti, mentre sotto le sue nuvole rimane a disposizione parecchio gas. Inoltre, il colossale pianeta ha mantenuto ancora una parte del calore risalente all’epoca della sua formazione e paragonabile a quello che riceve dal Sole: quindi, la differenza di temperatura tra il suo equatore e i poli non è così marcata rispetto a quanto avviene sulla Terra.

Questa spiegazione chiarisce il perché le tempeste si siano concentrate al polo sud di Giove, ma lascia ancora aperto il problema della loro disposizione geometrica. Il gruppo di lavoro ha guardato quindi al passato, ad uno studio condotto nel 1878 da Lord Kelvin e dal fisico americano Alfred Mayer; quest’ultimo aveva analizzato il comportamento di alcuni magneti immersi nell’acqua, notando che essi si disponevano spontaneamente secondo schemi geometrici. Da questo risultato, Kelvin sviluppò un modello matematico, che finora – sostengono gli autori dell’articolo – non era stato ancora utilizzato in campo planetologico. Le simulazioni realizzate per lo studio di Pnas hanno combinato vari parametri, come la rotazione del pianeta, e alla fine hanno prodotto questo risultato: la disposizione geometrica delle tempeste si dovrebbe verificare nel caso in cui ognuna di esse fosse ‘abbracciata’ da correnti ventose che spirano in direzione anticiclonica. Tali correnti inciderebbero sulla collocazione delle tempeste, inducendole ad allontanarsi a vicenda. Gli autori del paper ritengono che lo studio possa avere risvolti interessanti per l’analisi delle perturbazioni che si verificano sulla Terra, in quanto si potrebbero applicare ad esse le metodologie d’indagine impiegate per le manifestazioni ‘meteo’ di Giove.

Juno, lanciata il 5 agosto 2011, fa parte del programma New Frontiers della Nasa ed è stata ideata per comprendere l’origine e l’evoluzione del gigante gassoso. Anche l’Italia contribuisce a questa missione, come accennato sopra, grazie alla solida esperienza nel settore degli spettrometri, camere ottiche e radio scienza. Nello specifico, sono due gli strumenti tricolore: lo spettrometro ad immagine infrarosso JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) e lo strumento di radioscienza KaT (Ka-Band Translator).

In alto: le tempeste del polo sud di Giove viste da Juno (Crediti: Nasa-Jpl/Caltech) – in basso: un’immagine della simulazione realizzata per lo studio (Crediti: Caltech).