Dalla sua scoperta nel 2017 , il curioso visitatore interstellare chiamato ‘Oumuamua, è stato avvolto da un alone di mistero.
Questo strano ‘sasso spaziale’ ha suscitato fin da subito l’interesse della comunità scientifica, che ha iniziato ad indagare circa la sua origine e composizione: l’oggetto ha un’isolita forma a sigaro e non è classificabile né come cometa né come asteroide, tanto da aver portato alcuni a pensare che potesse trattarsi di una navicella aliena in visita nel nostro sistema stellare.
Un nuovo studio sembra offrire una valida spiegazione in grado di confutare ogni dubbio: ‘Oumuamua altro non è che un iceberg fatto di idrogeno e ha avuto origine nel cuore di una gigantesca e gelida nube molecolare, un enorme vivaio stellare in grado di contenere abbastanza gas da formare decine di migliaia di stelle.
All’interno di quel tipo di nube molecolare, le temperature possono scendere a pochi gradi sopra lo zero assoluto, una condizione necessaria affinché l’idrogeno diventi solido.
Per generare l’iceberg, le molecole di idrogeno congelate si sarebbero attaccate alla polvere della nube formando un grande blocco di ghiaccio. Un procedimento estremamente lungo che avrebbe potuto richiedere alcune centinaia di migliaia di anni solo per produrre un iceberg largo poche centinaia di metri, come Oumuamua.
Una volta solidificato, l’iceberg di idrogeno potrebbe essere stato spinto nello spazio interstellare dalla forza di gravità delle protostelle.
La teoria trova riscontro su quanto accaduto dopo che Oumuamua ha fatto il suo ingresso nel Sistema Solare: l’oggetto ha cominciato a subire l’influenza delle emissioni solari, che hanno provocato la sublimazione dell’idrogeno sulla sua superficie. Questo potrebbe spiegare, quindi, non solo l’insolita forma a sigaro, delineatasi man mano che si avvicinava al Sole, ma anche la sua accelerazione anomala, poiché l’idrogeno emesso a causa della sublimazione potrebbe aver generato tale accelerazione.
Secondo il team di ricerca, il misterioso visitatore interstellare non è l’unico del suo genere. Potrebbe esistere un’abbondante popolazione di oggetti simili che occasionalmente potrebbero finire in qualche sistema stellare.
Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.