Un team di ricercatori dell’Università di Birmingham ha sviluppato un modello che potrebbe fornire nuovi indizi sulla struttura e sulla composizione delle stelle di neutroni.

Il modello mostra che le vibrazioni, o oscillazioni, all’interno delle stelle possono essere misurate direttamente dal solo segnale dell’onda gravitazionale. Quando le stelle di neutroni, nel generare onde di marea sulle rispettive superfici, si deformano causando una maggiore oscillazione, generano frequenze che possono essere codificate dal nuovo modello, fornendo così informazioni importanti sulla loro struttura.

«Le forze di marea che agiscono sulle stelle di neutroni sollecitano le oscillazioni all’interno della stella dandoci un’idea della loro struttura interna. Misurando queste oscillazioni dal segnale dell’onda gravitazionale, possiamo estrarre informazioni sulla natura fondamentale e la composizione di questi oggetti misteriosi che altrimenti sarebbero inaccessibili», spiega Patricia Schmidt, co-autrice dello studio.

Il modello, che consente di determinare per la prima volta la frequenza di queste oscillazioni direttamente dalle misurazioni delle onde gravitazionali, è stato applicato al primo segnale di onda gravitazionale osservato da una fusione binaria di stelle di neutroni – GW170817 – dai due interferometri Ligo e Virgo nel 2015.

«Quasi tre anni dopo che sono state osservate le prime onde gravitazionali da una stella di neutroni binaria, stiamo ancora cercando nuovi modi per estrarre più informazioni possibile su di esse partendo dai segnali. Più informazioni possiamo ottenere sviluppando modelli teorici sempre più sofisticati, più ci avvicineremo alla rivelazione della vera natura delle stelle di neutroni», aggiunge la Schmidt.

Gli osservatori di onde gravitazionali di prossima generazione, la cui realizzazione è prevista per il 2030, saranno in grado di rilevare molte più stelle di neutroni binarie e di osservarle in modo più dettagliato di quanto sia attualmente possibile. Il modello prodotto dal team di Birmingham darà un contributo significativo a questa scienza.

«Le informazioni di questo evento iniziale erano limitate poiché c’era molto rumore di fondo che rendeva difficile isolare il segnale», conclude Pratten. «Con strumenti più sofisticati possiamo misurare le frequenze di queste oscillazioni in modo molto più preciso e questo dovrebbe iniziare a produrre alcuni spunti davvero interessanti».

Lo studio è pubblicato su Nature Communications.