E’ la più grande esplosione mai osservata nell’Universo dopo il Big Bang e proviene dal buco nero super massiccio situato al centro del super ammasso di Ofiuco, a 390 milioni di anni luce di distanza. Gli scienziati della Curtin University di Perth in Australia, autori della scoperta pubblicata su Astrophysical Journal, ritengono che quest’esplosione sia ben cinque volte più potente rispetto alle altre rilevate in precedenza.

«Non sappiamo ancora coma mai sia stata così potente – commenta Melanie Johnston-Hollitt della Curtin University – ma sappiamo che si è trattato di un evento molto lento, una sorta di esplosione al rallentatore che è durata per centinaia di milioni di anni».

L’esplosione ha letteralmente perforato una cavità nel plasma a grappolo, ovvero il gas estremamente caldo che circonda il buco nero. Volendo fare un confronto con un evento accaduto sulla Terra l’esplosione è stata simile all’eruzione del Monte Sant’Elena negli Stati Uniti che, nel 1980, fece letteralmente saltare in aria la cima della montagna. 

La cavità causata dall’esplosione è stata osservata con una serie di telescopi a raggi X e successivamente con una serie di analisi combinate ottenute grazie ai dati di quattro missioni: Chandra della Nasa, Xmm-Newton dell’Esa, Murchison Widefield Array (Mwa) nell’Australia occidentale e Giant Metrewave Radio Telescope (Gmrt) in India. Alcuni degli scienziati che hanno partecipato alla ricerca hanno paragonato questa scoperta, per importanza,  a quella delle prime ossa di dinosauro.

«Ora abbiamo gli strumenti per osservare meglio questo evento grazie ai radiotelescopi a bassa frequenza – conclude Johnston-Holitt – quindi dovremmo essere in grado di identificare un numero sempre maggiore di queste esplosioni. E’ importante studiare i fenomeni che accadono nell’Universo con le diverse lunghezze d’onda, abbiamo fatto questa scoperta durante la Fase 1 dell’Mwa, che andrà ad indagare l’epoca della re-ionizzazione, il periodo in cui le prime stelle e galassie  si sono formate nell’Universo primordiale. Presto avremo a disposizione i dati ottenuti grazie a 4096 antenne e osserveremo in modo più dettagliato questi eventi estremamente energetici».