E’ stata definita ‘la foto del secolo’,  una pietra miliare nell’astronomia, presentata oggi per la prima volta durante sei conferenze stampa internazionali.  Si tratta della prima immagine di un buco nero,  oggetti sostanzialmente invisibili, della cui esistenza, fino ad oggi, erano state avanzate solo evidenze indirette.

L’immagine, è stata realizzata grazie all’osservazione simultanea di otto radiotelescopi disposti a livello globale, del progetto Event Horizon Telescope,  che ha coinvolto istituti scientifici e di ricerca nel mondo tra cui anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica e può contare oltre 200 ricercatori.

Per quanto siano tra gli oggetti più studiati del cosmo, gli enigmatici black holes non sono mai stati immortalati in maniera diretta.  Oggi Event Horizon è riuscito nell’impresa, realizzando il primo ritratto di un buco nero,  o più precisamente della sua ombra,  al centro di m87,  un’enorme galassia a circa 55 milioni di anni luce dalla terra nel vicino ammasso della Vergine. La massa del buco nero è quasi sette miliardi di volte quella della nostra stella e il suo diametro pari a 40 miliardi di chilometri, abbastanza da contenere tutto il sistema solare. Grazie alla luce emessa dai gas che lo circondano è stato possibile delineare il suo profilo.

Un’impresa internazionale che è riuscita a mostrare per la prima vota il ‘confine’ spazio tempo, la linea dell’orizzonte degli eventi, oltre la quale non vi è nulla eccetto il buio. In questo modo Eht ha dato prova della teoria della relatività generale di Einstein: osservare come un oggetto così massiccio deformi lo spazio tempo attorno a sé, in una delle situazioni più estreme dell’universo. Per riuscire ad osservare un buco nero a queste lunghezze d’onda occorreva un telescopio grande quanto il nostro pianeta. Per questo motivo Eht ha utilizzato una rete globale di antenne sincronizzate, come un enorme occhio grande quanto l’intera Terra puntato al centro della nostra galassia. I risultati di questo studio, pubblicati in sei articoli scientifici su The Astrophysical Journal Letters, potrebbero rivoluzionare la nostra conoscenza dei buchi neri e dell’intero universo.