Pianeta Rosso sempre sulla cresta dell’onda: questa volta torna alla ribalta per una recente ricerca, che propone una nuova ipotesi per spiegare la presenza dell’acqua nel passato del corpo celeste. Lo studio, sottomesso alla rivista di planetologia Icarus, è stato condotto da un gruppo di lavoro internazionale, coordinato dal Cnrs-Centre national de la recherche scientifique di Parigi; l’articolo, dal titolo “The environmental effects of very large bolide impacts on early Mars explored with a hierarchy of numerical models”, è al momento disponibile in pre-print sulla piattaforma Arxiv.org.

La presenza dell’acqua su Marte è da tempo un tema clou nelle attività di ricerca dedicate al pianeta e il nuovo studio si inserisce in questo filone, cercando di spiegare come, in un remoto periodo, il prezioso liquido possa essersi formato. Infatti, durante la ‘gioventù’ di Marte, il Sole era più freddo rispetto ad oggi e, secondo alcuni modelli climatici, il pianeta non avrebbe avuto sufficienti quantità di gas serra per intrappolare il calore necessario a ‘dare il la’ a piogge abbondanti. Secondo gli autori dello studio, un’eventuale riposta al quesito si potrebbe trovare negli impatti dei meteoriti sulla superficie di Marte, avvenuti 4 miliardi di anni fa: questi eventi traumatici, generando grandi quantità di roccia fusa e di vapore, avrebbero provocato un surriscaldamento che potrebbe essere coerente con le tracce di una fase calda e umida individuata nella storia del pianeta. Il team della ricerca si è basato su simulazioni tridimensionali con cui ha cercato di riprodurre le condizioni dell’antico Marte al momento in cui ha subito l’azione dei meteoriti. Gli studiosi si sono particolarmente concentrati sugli impatti derivanti dai corpi celesti più grandi, quelli che hanno creato bacini ampi anche più di 600 chilometri (nella foto in alto, il cratere Huygens visto dalla sonda Nasa Mars Odyssey).

Eventi del genere avrebbero surriscaldato l’atmosfera del Pianeta Rosso a tal punto che, per circa metà di un anno marziano, l’acqua non avrebbe potuto resistere sulla crosta del corpo celeste. Dopo questa fase, si sarebbero verificate delle piogge incessanti per quasi dodici anni marziani e l’acqua avrebbe inondato Marte, raggiungendo un livello medio di circa 2,6 metri. Successivamente, il pianeta si sarebbe raffreddato e la sua superficie si sarebbe ghiacciata in un arco di tempo compreso tra 1000 e 100mila anni. La coltre gelata sarebbe stata poi sciolta dalle radiazioni solari direttamente in vapore acqueo; in questo periodo l’acqua si sarebbe concentrata, ghiacciandosi, ai poli del pianeta e in altre zone fredde. I ricercatori, inoltre, hanno calcolato che un impatto di enormi proporzioni, generato da un meteorite di 300 chilometri di diametro, avrebbe anche creato un’area calda in grado di resistere per milioni di anni e di mantenere l’acqua allo stato liquido sotto la superficie di Marte. Lo studio, infine, suggerisce che questi diluvi potrebbero aver contribuito all’erosione dei crateri, evidente in numerose immagini del pianeta scattate dalle varie sonde che, nel corso degli anni, gli hanno fatto visita.