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È sempre vivo l’interesse della comunità scientifica verso i giganti ghiacciati del nostro sistema planetario, protagonisti di un nuovo studio dedicato alla loro natura, in cui la componente rocciosa sarebbe maggiore di quanto ritenuto sinora. La ricerca, curata dal Dipartimento di Astrofisica dell’Università di Zurigo e dal National Centres of Competence in Research-Planets, è stata pubblicata su Astronomy & Astrophysics e si è basata su un modello informatico sviluppato per l’occasione.

Urano e Nettuno, per certi versi, sono mondi remoti e poco conosciuti: sinora hanno ricevuto soltanto una breve ‘visita’ della sonda Voyager 2 della Nasa, che li ha sorvolati – rispettivamente – nel 1986 e nel 1989. In attesa che si creino le condizioni per poter dedicare missioni specifiche a questi due colossi, la comunità scientifica prosegue comunque ad analizzarli con i mezzi che ha a disposizione.

Gli autori dello studio ritengono che l’attuale classificazione dei pianeti del Sistema Solare sia eccessivamente semplificata, soprattutto per quanto riguarda Urano e Nettuno. A loro avviso, la prevalenza del ghiaccio nella composizione dei due pianeti non è l’unica possibilità, tenendo anche presente il fatto che il loro ‘vicino di casa’, il pianeta nano Plutone, ha una natura prevalentemente rocciosa.

Il gruppo di lavoro ha quindi elaborato un nuovo modello informatico per analizzare la composizione di Urano e Nettuno; sono stati combinati elementi tratti da simulazioni sia di tipo empirico, sia basate su principi di fisica in modo da ottenere un modello imparziale ma coerente. I ricercatori hanno preso in considerazione vari parametri, tra cui la densità dell’interno dei due pianeti e il loro campo gravitazionale; questi dati sono stati messi in relazione con quelli delle varie osservazioni a disposizione della comunità scientifica, in modo tale da ottenere la migliore corrispondenza tra il modello e i profili delineati in base alle osservazioni.

L’esito della simulazione ha messo in rilievo che la composizione interna di Urano e Nettuno non si limiterebbe al solo ghiaccio ma contemplerebbe anche la presenza di acqua e rocce. I ricercatori ritengono il risultato molto promettente, nonostante vi siano alcuni margini di incertezza dovuti a una scarsa conoscenza del comportamento dei materiali nel ‘cuore’ dei due pianeti.

Lo studio fornisce anche nuovi dati sui campi magnetici di Urano e Nettuno che hanno una struttura più complessa rispetto a quello della Terra: infatti, sono irregolari e presentano più poli. Inoltre, secondo il modello informatico, sarebbero presenti strati di acqua ‘ionica’ da cui si sarebbero prodotte dinamo magnetiche che spiegherebbero le peculiarità dei campi dei due pianeti. Infine, il campo magnetico di Urano si sarebbe prodotto più in profondità rispetto a quello di Nettuno.

Sui due pianeti, comunque, restano ancora diversi interrogativi aperti: le risposte potranno arrivare solo con missioni esplorative ad essi dedicate, anche se presentano notevoli problematiche, in primis la durata del viaggio. Tuttavia, l’importanza di studiare a fondo questi mondi remoti, a partire da Urano, è stata evidenziata nella Planetary Science and Astrobiology Decadal Survey 2023-2032, documento predisposto da un comitato di scienziati guidato dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti.

In alto: Urano in versione ghiacciata, a sinistra, e rocciosa, a destra (Crediti: Keck Institute for Space Studies/Chuck Carter)