E’ sempre sulla cresta dell’onda e continua a suscitare l’interesse degli studiosi che continuano ad indagare sulla presenza di eventuali tracce di vita sulla sua superficie. Il quarto pianeta del Sistema Solare è al centro dell’attenzione per un recente studio di astrobiologia, condotto dall’Università del Kansas. La ricerca, illustrata nell’articolo “Imaging of Vanadium in Microfossils: A New Potential Biosignature”, è stata appena pubblicata sulla rivista Astrobiology.

Il gruppo di lavoro, ipotizzando che eventuali segni di forme di vita su Martepotrebbero presentarsi come batteri fossilizzati, ha proposto di cercare – nelle rocce del pianeta – il vanadio, quale ‘firma biologica’, e di utilizzare la spettroscopia Raman, una particolare tecnica che consente di individuare la composizione cellulare di un campione. Secondo gli studiosi, questa nuova tecnica potrebbe essere già messa in atto con la strumentazione che sarà a bordo di Mars 2020, la prossima missione Nasa di esplorazione di Marte tramite roverMars 2020, infatti, sarà mirata ad analizzare quelle aree del pianeta che, in passato, avrebbero presentato condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo della vita microbica.

Nelle simulazioni effettuate in laboratorio con campioni contenenti microorganismi acquatici (acritarchi) risalenti al Devoniano e ritenuti potenzialmente simili ad esemplari marziani, il team di geologi al lavoro su questa ricerca ha utilizzato, quale tecnica microscopica, anche la fluorescenza ai raggi X che consente di individuare gli elementi chimici di un campione. La prova condotta sugli acritarchi ha messo in luce una percentuale di vanadio che si potrebbe trovare anche in organismi estremofili come i cianobatteri. Gli studiosi ritengono quindi che un eventuale campione marziano dall’aspetto di microfossile potrebbe essere sottoposto alla spettroscopia Raman e alla fluorescenza per tracciarne un quadro chimico completo e individuare dati significativi su possibili forme di vita microbica.