La pagina di scienza scritta a partire dall’osservazione delle onde gravitazionali ha portato secondo molti ricercatori a una vera e propria rivoluzione scientifica. Il motivo è che questa scoperta ha introdotto un nuovo senso in astronomia: l’udito, che attraverso le orecchie finissime degli interferometri è arrivato a captare il respiro dell’universo. Quello prodotto da un evento cosmico lontano nel tempo, che nel caso dell’ultima onda catturata è stato generato dalla fusione di due stelle di neutroni.
Esistono però oggetti celesti le cui emissioni gravitazionali non sono mai state rivelate: ad esempio i buchi neri supermassicci con massa oltre 100 volte superiore quella del nostro Sole. “Catturare queste onde gravitazionali a bassa frequenza associate a buchi neri supermassicci – dice Joseph Lazio del Deep Space Network della Nasa – sarebbe come essere in grado di ascoltare dei cantanti bassi, e non solo soprani.” Il ricercatore, co-autore di un nuovo studio appena pubblicato su Nature Astronomy, ha ipotizzato che la chiave raggiungere queste inesplorate frequenze di ‘canto cosmico’ potrebbe essere nascosta nelle pulsar. Chiamate originariamente ‘sorgente radio pulsanti’, le pulsar sono stelle di neutroni che ruotano molto velocemente su loro stesse, producendo quindi una radiazione elettromagnetica osservabile come impulsi emessi ad intervalli estremamente regolari.
Il nuovo studio su Nature si concentra proprio sulle pulsar come possibile ‘faro’ in grado di mettere in luce coppie di buchi neri potenzialmente legati alle onde gravitazionali. “Espandendo il nostro ‘raggio pulsar’ nei prossimi dieci anni, c’è un’alta probabilità di trovare onde gravitazionali provenienti da almeno un sistema binario di buchi neri supermassicci” dice Lazio. Gli scienziati hanno iniziato a scandagliare il cielo con questo obiettivo utilizzando i dati dal Micron All-Sky Survey (2MASS).