Esistono altre forme di vita nell’universo? Rispondere a questa domanda, antica quanto l’astronomia, potrebbe essere ancora più difficile di quanto pensiamo. Almeno secondo un nuovo studio appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che individua un ‘ingrediente’ potenzialmente in grado di bloccare la rivelazione di molecole organiche da parte dei nostri strumenti. Si tratta di un insolito ‘flusso’ d’aria che secondo i ricercatori, coordinati dal Max Planck Institute for Astronomy tedesco, fluttuerebbe nell’atmosfera di alcuni esopianeti impedendo di osservare l’eventuale ossigeno prodotto da batteri o piante.

I risultati sono stati ottenuti da una serie di simulazioni effettuate su una selezione di esopianeti vicini, già candidati per essere mondi potenzialmente simili alla Terra. Tra questi, Proxima b, in orbita attorno alla nostra vicina di casa Proxima Centauri, e Trappist-1d, il più promettente della famiglia di pianeti Trappist-1. Entrambi sono buoni esempi di mondi che orbitano attorno alla loro stella madre in circa 25 giorni; di conseguenza, hanno un lato che guarda sempre il loro astro, mentre l’altro lato è permanentemente in ombra.

Modellando il flusso d’aria nelle atmosfere di questi pianeti, gli scienziati hanno scoperto che questa insolita alternanza giorno-notte potrebbe avere un effetto marcato sull’eventuale distribuzione di ozono, che sarebbe ‘intrappolato’ nella regione equatoriale (immagine in basso). In altri termini, se Proxima b, Trappist-1d o esopianeti simili contengono tracce d’ozono – una delle principali ‘pistole fumanti’ della presenza di forme di vita – potremmo non accorgercene.  “L’assenza di tracce di ozono in osservazioni future – commenta Ludmila Carone, leader dello studio – non significa che l’ossigeno non ci sia affatto: potrebbe essere semplicemente nascosto molto bene.”