E’ una ‘vicina di casa’ della Via Lattea e porta bene i suoi anni grazie ad una composizione che la rende simile alle galassie dell’Universo primordiale: si tratta della Grande Nube di Magellano (Large Magellanic Cloud – Lmc), galassia nana tornata recentemente agli onori della cronaca per le osservazioni del telescopio Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) dell’Eso, che hanno consentito agli astronomi di aggiungere ulteriori tasselli al suo identikit. Lo studio, condotto da un team internazionale di ricercatori coordinato dal Goddard Space Flight Centerdella Nasa, è stato illustrato nell’articolo “The detection of hot cores and complex organic molecules in the Large Magellanic Cloud”, pubblicato ieri su The Astrophysical Journal Letters. La composizione chimica della galassia nana è già stata altre volte sotto la lente degli esperti, che avevano notato una carenza di elementi pesanti come carbonio, ossigeno e azoto, e avevano ipotizzato una presenza insignificante di molecole di composti di carbonio. Prima della campagna di osservazione condotta con Alma, la Lmc era stata classificata come chimicamente primitiva.

I dati raccolti con il telescopio, invece, hanno permesso di delineare una situazione diversa: gli autori del paper, infatti, hanno individuato chiaramente la ‘firma’ di molecole organiche complesse come metanolodimetiletere e formiato di metile; soprattutto queste ultime due sostanze hanno destato un grande interesse perché si tratta delle molecole più complesse mai individuate prima d’ora al fuori della Via Lattea. Le tracce delle molecole in questione sono state scovate in due regioni di formazione stellare molto dense, definite ‘hot cores’ (nuclei caldi) e anche se la galassia è una delle più vicine alla Via Lattea gli studiosi ipotizzano che, dal punto di vista chimico, sia particolarmente somigliante alle ‘colleghe’ giovani e distanti dell’Universo ai suoi albori. La carenza di elementi pesanti in una galassia viene definita bassa metallicità: occorre, infatti, un susseguirsi di generazioni di stelle per disseminare tali sostanze che, nel corso del tempo, saranno coinvolte nei processi di formazione di nuovi pianeti.

Le galassie ‘teenager’, invece, non hanno avuto un percorso di vita sufficientemente lungo per diventare ricche da un punto di vista chimico, mentre le loro ‘colleghe’ nane, come la Lmc appunto, hanno mantenuto una tempra giovanile in quanto dotate di una massa relativamente bassa che ha prodotto un rallentamento nel ritmo di formazione stellare. Una regione della Grande Nube ha soprattutto catturato l’attenzione degli studiosi: si tratta della nursery stellare N113, molto massiccia e ricca di gas, che era stata già esaminata con le missioni Spitzer della Nasa ed Herschel dell’Esa. Le successive osservazioni di Alma su N113 hanno evidenziato tracce di dimetiletere e formiato di metile, un dato che ha fatto ipotizzare un ruolo di tali sostanze nella formazione di dischi protoplanetari in giovani sistemi stellari. In definitiva, la Lmc, data la sua bassa metallicità, apre uno spiraglio sulle caratteristiche delle galassie primigenie, il cui studio offre un trampolino di lancio per comprendere i meccanismi alla base della formazione stellare nell’Universo più antico.