Chi ha ucciso il Megalodon, il preistorico squalo bianco grande quanto uno scuola bus? Secondo lo studio pubblicato su Astrobiology a firma di Adrian Melott, professore emerito di fisica e astronomia all’università del Kansas, l’esplosione di una o più supernove a circa 150 anni luce dalla Terra, potrebbe aver provocato uno tsunami di energia cosmica con alta concentrazione di iron 60, elemento radioattivo, proprio nell’intervallo temporale a cavallo tra il Pliocene e il Pleistocene, che risale a 2,6 milioni di anni fa, con qualche eccesso sparso fino a 10 milioni di anni prima.
La corrispondenza tra il picco di iron 60, l’esplosione di una supernova a 150 anni luce dalla Terra nel medesimo intervallo temporale e la moria di grandi animali marini ha fatto emergere prove di una corrispondenza tra eventi.
«Ho fatto ricerche di questo tipo per 15 anni e sappiamo che in generale queste supernove avrebbero potuto colpire la Terra da un momento all’altro. Questa volta è diverso, abbiamo prove di eventi avvenuti in un momento specifico», afferma il prof. Melott.
Molte le coincidenze. Cominciamo con la scomparsa del Megalodon la cui estinzione è datata nell’arco temporale tra il Pliocene e il Pleistocene. Il 36% delle specie viventi in quella era si estingue
Che le prove dell’esplosione di una o più supernove si trovino nell’architettura dell’universo locale lo affermano i coautori dello studio Franciole Marinho dell’Università Federale di Carlos e Laura Paulucci dell’Università Federale dell’ABC, entrambe in Brasile: «La nostra ipotesi si basa sull’idea che anche se l’energia emessa da una supernova non colpisce direttamente Terra, i raggi cosmici emessi potrebbero costringere il nostro pianeta ad una doccia radioattiva per una durata che va dai 10.000 ai 100.00 anni», con le conseguenze immaginabili sugli esseri viventi del pianeta.
«Possiamo ritenere che esista una relazione tra l’estinzione di grandi animali marini come il Megalodon – Carcharocles megalodon – datata 2,6 milioni di anni fa e la concentrazione di muoni prodotti da una supernova», sostiene il primo autore.
Per approfondire: https://www.liebertpub.com/doi/10.1089/ast.2018.1902