Sono decenni che gli astronomi scandagliano le zone più remote dello Spazio a caccia delle primissime stelle nate nell’Universo, senza averne mai osservata direttamente una. Secondo i modelli teorici, questi corpi primordiali dalle dimensioni mastodontiche, composti quasi totalmente da idrogeno, dovrebbero essersi accesi già duecento milioni di anni dopo il Big Bang, illuminando il cosmo dopo una lunga era dominata dal buio. Di recente però, analizzando le scansioni fatte dal telescopio spaziale James Webb a una galassia lontanissima chiamata Lap1-B, gli scienziati potrebbero finalmente aver ottenuto il tanto agognato trofeo.
La luce emessa da Lap1-B ha viaggiato per 13 miliardi di anni prima di raggiungerci, il che significa che il Webb l’ha osservata com’era circa 800 milioni di anni dopo il Big Bang. Gli strumenti del telescopio, pur essendo tra i più potenti mai realizzati, non sarebbero mai riusciti a vederla senza l’aiuto di un fenomeno fisico previsto dalla relatività generale di Einstein, chiamato ‘lente gravitazionale’, prodotto da un grande ammasso di galassie situato circa 4,3 miliardi di anni luce tra il Webb e Lap1-b, che ha funzionato come una sorta di lente naturale, amplificando la luce giunta a noi di ben cento volte.
Lap1-B è apparsa al James Webb com’era in un momento cruciale della storia cosmica: l’epoca della reionizzazione, quella in cui le prime stelle e galassie stavano trasformando il gas neutro dell’universo in plasma ionizzato, segnando la fine delle cosiddetta ‘età oscura‘.
Le prime stelle nate nell’Universo, che vengono classificate come ‘Popolazione III‘, si sono formate aggregando i pochi elementi chimici allora disponibili: idrogeno e un po’ di elio. La presenza di elementi più pesanti era quasi nulla, una caratteristica che le rende molto diverse dalle stelle moderne, permettendogli di raggiungere masse enormi, anche cento volte quella del Sole.
Dato che il gas circostante Lap1-B contiene pochissime tracce di elementi pesanti, e i gruppi stellari osservati sembrano avere masse complessive circa mille volte quelle solari, gli scienziati pensano che questa galassia contenga numerose stelle di Popolazione III.
La scoperta, che potrebbe dimostrare finalmente la correttezza dei modelli teorici, ci indica anche che le lenti gravitazionali sono uno strumento chiave per trovare altre stelle di Popolazione III, scrutando gli albori del Cosmo. Il passo successivo sarà realizzare simulazioni più dettagliate per capire il percorso evolutivo di queste stelle e attraverso quali processi hanno lasciato il posto alla generazione successiva.
CREDITS: Nasa Goddard, Esa, Csa, Eso, STScl
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