C’erano altri mondi al di fuori del Sistema Solare. Era il 6 ottobre 1995 quando gli astrofisici svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz annunciarono la scoperta del primo pianeta in orbita attorno a una stella simile al nostro Sole. Quel pianeta, battezzato 51 Pegasi b, diede il via alla ‘caccia’ agli esopianeti e, trent’anni dopo, il loro numero ufficiale ha superato quota 6mila, secondo l’Exoplanet Science Institute della Nasa. Altri 8mila corpi celesti candidati attendono ancora conferma.
La scoperta di 51 Pegasi b non fu frutto del caso, ma di decenni di ricerca e di strumenti spettroscopici sempre più precisi. Già negli anni Settanta, a Ginevra, i ricercatori avevano messo a punto un metodo per misurare minuscole oscillazioni nella velocità delle stelle: il segnale, impercettibile a occhio nudo, tradiva la presenza di un pianeta. Su queste basi, Mayor e l’ingegnere francese André Baranne progettarono alla fine degli anni Ottanta un nuovo spettrografo per il telescopio dell’Alta Provenza, capace di raggiungere una precisione mai vista prima.
Nel 1994, il giovane dottorando Didier Queloz intercettò un segnale insolito: una stella oscillava con una periodicità di appena 4,2 giorni. Troppo veloce, secondo i modelli tradizionali, che prevedevano giganti gassosi in orbite di decenni, come Giove o Saturno. La cautela lasciò il posto alla certezza solo nell’estate del 1995: le nuove osservazioni confermarono l’esistenza di un gigante gassoso estremamente vicino alla sua stella. L’annuncio ufficiale, a Firenze, segnò l’inizio dell’era degli esopianeti, la cui scoperta fu premiata nel 2019 con il Premio Nobel per la Fisica.
Da allora, la Svizzera è rimasta protagonista. Nel 2014 è nato PlanetS, Polo di Ricerca Nazionale dedicato agli studi planetari. Nel 2018, sotto la guida dell’Università di Ginevra, è stato installato nel deserto di Atacama lo spettrografo Espresso, lo strumento più preciso al mondo, capace di rilevare pianeti simili alla Terra. Più recentemente, con Nirps, gli astronomi possono seguire esopianeti nell’infrarosso. Il futuro guarda a Ristretto, un progetto pensato per osservare la luce del pianeta più vicino a noi, attorno a Proxima Centauri.
Con migliaia di pianeti ormai catalogati, gli scienziati possono delineare caratteristiche e confronti tra mondi lontani e il nostro Sistema Solare. Se qui abbiamo quattro pianeti rocciosi e quattro giganti gassosi, là fuori i pianeti rocciosi sembrano molto più comuni. E la varietà è sorprendente: giganti caldi più vicini alla loro stella di quanto non lo sia Mercurio al Sole; pianeti che orbitano attorno a due stelle, a nessuna o attorno a stelle morte; mondi ricoperti di lava o di nuvole fatte di pietre preziose o giganti gassosi con la leggerezza del polistirolo espanso.
La ricerca pianeti extrasolari proseguirà con il telescopio spaziale Nancy Grace Roman della Nasa, il cui lancio è previsto nel 2027. La missione testerà un coronografo dimostrativo per bloccare la luce stellare e rivelare pianeti più deboli. Grazie a questa tecnologia potrà osservare direttamente un pianeta delle dimensioni e della temperatura di Giove in orbita attorno a una stella simile al Sole, aprendo nuove possibilità di scoprire mondi che potrebbero ricordare da vicino il nostro.
In apertura: rappresentazione artistica dell’esopianeta 51 Pegasi b, un Giove caldo che orbita attorno a una stella situata a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione settentrionale di Pegaso (il cavallo alato). Crediti: Eso/M. Kornmesser/Nick Risinger.