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Nel nostro universo esistono mondi dove è sempre giorno, la superficie è un oceano di magma incandescente e le rocce evaporano sotto un sole implacabile. E’ lo scenario apparentemente fantascientifico dei lava planets, esopianeti rocciosi estremamente caldi, grandi più o meno quanto la Terra, che ruotano così vicino alle loro stelle da completare un’orbita in meno di 24 ore terrestri. A causa dell’estrema vicinanza al loro astro, sono bloccati marealmente, mostrando sempre la stessa faccia alla stella, proprio come la Luna con la Terra. Questo crea un contrasto termico estremo tra il lato diurno, un inferno di fuoco e magma, dove le temperature possono fondere e vaporizzare le rocce, e il lato in ombra, molto più freddo, influenzando la circolazione atmosferica e la composizione chimica del pianeta.

Illustrazione artistica della struttura interna di un pianeta di lava allo stato freddo, che mostra un oceano di magma diurno ricoperto da un'atmosfera minerale. Le frecce indicano la direzione del trasporto di calore all'interno del pianeta e la radiazione termica emessa dal suo lato notturno

Illustrazione artistica della struttura interna di un pianeta di lava allo stato freddo, che mostra un oceano di magma diurno ricoperto da un’atmosfera minerale. Le frecce indicano la direzione del trasporto di calore all’interno del pianeta e la radiazione termica emessa dal suo lato notturno. Crediti: Romain Jean-Jaques

Sebbene i lava planets siano mondi alieni estremi, i processi che li governano sono sorprendentemente simili a quelli che hanno modellato la Terra primordiale. E’ quanto emerge da una nuova ricerca pubblicata su Nature Astronomy e sviluppata da un team internazionale guidato dalla York University.

Secondo il primo autore dello studio, Charles-Édouard Boukaré, professore di fisica e astronomia presso la York University, sebbene le condizioni siano estreme, i processi osservati nei lava planets sarebbero analoghi a quelli che hanno modellato la Terra e gli altri pianeti rocciosi del nostro Sistema Solare. Questo rende i lava planets dei laboratori naturali per studiare la differenziazione interna, la dinamica termica e l’evoluzione atmosferica planetaria.

Il team ha combinato competenze in fluidodinamica geofisica, atmosfere esoplanetarie e mineralogia per simulare come gli elementi chimici si distribuiscono tra le fasi solida, liquida e gassosa. Il modello sviluppato dai ricercatori simula come elementi come ferro, silicio, sodio e potassio si distribuiscano tra le fasi solida, liquida e gassosa, in un processo simile alla distillazione geochimica. Questo permette di prevedere l’evoluzione chimica e strutturale del pianeta nel tempo.

Nonostante la loro distanza, i lava planets sono tra gli esopianeti più facilmente osservabili grazie alla loro orbita stretta e alla luminosità della stella ospite. Le osservazioni spettroscopiche possono rivelare la composizione dell’atmosfera e, indirettamente, fornire indizi sulla struttura interna del pianeta, offrendo agli scienziati un’opportunità preziosa per testare teorie sulla formazione e l’evoluzione planetaria.

La comprensione dei lava planets e, più in generale, degli esopianeti rocciosi è resa possibile anche grazie a una serie di missioni spaziali europee, coordinate dall’Agenzia Spaziale Europea, che vedono un forte contributo italiano e dell’Agenzia Spaziale Italiana, sia scientifico sia tecnologico, tra cui Cheops (CHaracterising ExOPlanet Satellite), operativa in orbita, progettata per studiare con grande precisione le dimensioni e la densità degli esopianeti già scoperti, con particolare attenzione a quelli rocciosi. Ancora più ambiziosa, Ariel (Atmospheric Remote-sensing Infrared Exoplanet Large-survey), il cui lancio è previsto per il 2029, sarà la prima missione spaziale dedicata a un censimento chimico su larga scala delle atmosfere di oltre mille esopianeti. Ariel analizzerà anche i mondi ultra-caldi come i lava planets, contribuendo in modo decisivo alla comprensione della loro composizione chimica e della loro evoluzione atmosferica. L’Italia è tra i principali contributori della missione, curando la realizzazione del telescopio, dell’elettronica di bordo e di parte dell’analisi dati.

Immagine in alto: Rappresentazione artistica di un pianeta in transito davanti a una stella. Crediti: Esa/Atg Medialab