Costituiscono una presenza ingombrante per i radiotelescopi, il cui ‘sguardo’ elettronico può essere offuscato con ripercussioni spiacevoli sulle attività di ricerca e osservazione: i ‘disturbatori’ in questione sono i satelliti Starlink di seconda generazione della SpaceX, le cui emissioni radio hanno destato le preoccupazioni della comunità scientifica. Il problema, sollevato per la prima volta nel 2023, è peggiorato ed è al centro di un nuovo studio di Astronomy & Astrophysics, coordinato da Astron-Netherlands Institute for Radio Astronomy e basato sui dati del radiotelescopio Lofar (Low Frequency Array).
Al momento, gli Starlink in orbita sono oltre 6mila e la costellazione è in costante crescita. In tempi recenti, infatti, il numero di satelliti lanciati nell’orbita terrestre bassa (Leo) è salito alle stelle, soprattutto in conseguenza della rapida commercializzazione dello spazio e dei progressi tecnologici nelle telecomunicazioni. Secondo gli autori dello studio, i satelliti Starlink di seconda generazione, definiti ‘V2-mini’, sono particolarmente insidiosi: infatti, emettono onde radio indesiderate fino a 32 volte più luminose rispetto ai loro predecessori. L’indagine è stata condotta tramite una serie di osservazioni del Lofar, svolte nel luglio 2024, che ha evidenziato appunto la presenza di radiazioni elettromagnetiche indesiderate (Uemr – Unintended Electromagnetic Radiation) da quasi tutti gli Starlink monitorati, soprattutto da quelli di seconda generazione.
L’analisi, quindi, ha rivelato che la quantità di onde emesse da questo gruppo di satelliti raggiunge livelli che potenzialmente superano le soglie di interferenza regolamentate in ambito internazionale per le emissioni intenzionali. Ogni settimana SpaceX lancia circa 40 nuovi satelliti di seconda generazione, peggiorando la situazione.
La ricerca – specificano gli autori – sottolinea la necessità di una regolamentazione più severa sulle radiazioni indesiderate per salvaguardare le attività osservative dei radiotelescopi, che ricoprono un ruolo fondamentale per la comprensione dell’Universo. «L’umanità si sta chiaramente avvicinando a un punto di svolta in cui dobbiamo agire per preservare il nostro cielo come finestra per esplorare l’Universo – ha commentato Federico Di Vruno, ricercatore dell’Osservatorio Ska e secondo autore dello studio – Le aziende satellitari non sono interessate a produrre questa radiazione indesiderata, quindi ridurla al minimo dovrebbe essere una priorità nelle loro politiche spaziali sostenibili».
Infatti, lo scorso mese di agosto, SpaceX ha presentato una nuova tecnologia per mitigare le interferenze delle costellazioni con i radiotelescopi, grazie alla modifica della direzione dei segnali dei satelliti. In questo ambito, l’azienda sta collaborando con la Nsf (National Space Foundation) e il Nrao (National Radio Astronomy Observatory).
In alto: i satelliti Starlink prima del dispiegamento (Crediti: SpaceX)