👉 Seguici anche sul nostro canale WhatsApp! 🚀

 

È considerato il ‘gemello’ della Terra per alcuni tratti analoghi – come le dimensioni, la massa e la densità – ed è l’obiettivo di nuove missioni spaziali che prevedono un rilevante contributo italiano: si tratta di Venere, protagonista di un nuovo studio centrato sulla sua acqua. L’indagine, appena pubblicata su Nature, è stata coordinata dal Lasp (Laboratory for Atmospheric and Space Physics), istituto di ricerca che ha sede presso l’Università del Colorado-Boulder, e si è basata su simulazioni informatiche; lo studio è stato anche presentato all’Astrobiology Science Conference, in corso questa settimana a Providence (Stati Uniti).

In base ai risultati delle simulazioni, i planetologi hanno ipotizzato che l’acqua di Venere si sia dispersa nello spazio in seguito ad un fenomeno definito ‘ricombinazione dissociativa’: in questo modo, il pianeta avrebbe perso quotidianamente circa il doppio della quantità di acqua rispetto a valutazioni effettuate in precedenza. Venere – spiegano gli studiosi – ha 100mila volte meno acqua della Terra e questa sua caratteristica sarebbe connessa appunto a delle reazioni che avvengono nella sua atmosfera vorticosa: il colpevole va cercato in una molecola dell’alta atmosfera del pianeta, chiamata Hco+ (uno ione composto da un atomo di idrogeno, uno di carbonio e uno di ossigeno).

Gli scienziati ipotizzano che Venere, ai suoi albori, doveva avere una cospicua quantità di acqua ed essere somigliante alla Terra; ad un certo punto, dev’essersi verificato un evento traumatico che ha portato alla formazione di nubi di anidride carbonica le cui conseguenze si sono fatte sentire sul clima del pianeta. Questa coltre ha dato il via a un intenso effetto serra, che ha fatto salire la temperatura a oltre 400°C e provocato l’evaporazione dell’acqua. Tuttavia, secondo gli autori del saggio, questo insieme di processi non sarebbe sufficiente a spiegare l’attuale secchezza di Venere: la poca acqua rimasta si sarebbe dispersa a causa di Hco+.

Nella parte superiore delle atmosfere planetarie, infatti, l’acqua si mescola all’anidride carbonica per formare questa molecola che, secondo gli scienziati, avrebbe influito anche sull’odierna condizione di Marte. Nell’atmosfera di Venere, Hco+ si sarebbe prodotto costantemente, ma i singoli ioni non avrebbero avuto le chances di sopravvivere a lungo; gli elettroni, infatti, avrebbero ‘incontrato’ questi ioni e si sarebbero ricombinati, dividendo questi ultimi in due. Durante questo processo, gli atomi di idrogeno sarebbero ‘scappati’ via, disperdendosi completamente nello spazio e privando quindi Venere di uno dei due ingredienti essenziali per formare l’acqua.

Per approfondire ulteriormente questa ipotesi gli studiosi attendono l’avvio delle future missioni Nasa ed Esa destinate a Venere: rispettivamente, Veritas ed EnVision. Ambedue le missioni vedono un significativo coinvolgimento del nostro Paese, grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.

In alto: elaborazione artistica del fenomeno che ha causato la perdita dell’acqua su Venere (Crediti: Aurore Simonnet / Laboratory for Atmospheric and Space Physics / University of Colorado Boulder)