Detriti spaziali e plastica nei mari al centro di una mobilitazione di scienziati internazionali che hanno pubblicato l’appello e soluzioni sulla rivista Science.

Per l’orbita terrestre invasa da detriti spaziale, al fine di non danneggiare irreparabilmente la futura espansione dell’industria spaziale globale, si richiede un trattato legale.

I numeri sono da brivido: agli attuali 9.000 si arriverà a oltre 60.000 entro il 2030, con stime che suggeriscono che ci sono già più di 100 trilioni di vecchi satelliti non tracciati che girano intorno al pianeta.

L’appello è salomonico: se non si interviene sarà danneggiata la futura crescita prevista del settore che potrebbe non utilizzare più gran parte dell’orbita terrestre.

Gli scienziati hanno preso spunto dall’attuale risoluzione ONU dello scorso 5 marzo che ha finalizzato un testo per garantire la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina delle aree al di fuori della giurisdizione nazionale, definendolo una “svolta” dopo quasi due decenni di colloqui.

Affidando alla rivista Science il loro appello, una collaborazione internazionale di esperti ritiene necessario una convergenza di consensi per arrivare a un vero e proprio trattato legale, anche per la spazzatura che invade l’orbita bassa terrestre.

Prendono atto che alcuni paesi e industrie stanno iniziando a concentrarsi sulla sostenibilità dei satelliti, ma affermano la necessità di vincoli per qualsiasi nazione con piani d’investimento spaziale per l’orbita terrestre.

Qualsiasi accordo, aggiungono, dovrebbe includere misure per implementare la responsabilità del produttore e dell’utente per satelliti e detriti, dal momento del lancio in poi. I costi commerciali dovrebbero essere presi in considerazione anche quando si cercano modi per incentivare la responsabilità.

Insomma, la condizione della densa presenza di detriti spaziali è drammatica tanto quanto la condizione dell’inquinamento dei mari, che solo pochi giorni fa ha posto le basi per avviare i negoziati per un Trattato Globale.

L’articolo è stato scritto in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Plymouth, Arribada Initiative, The University of Texas- Austin, California Institute of Technology, NASA Jet Propulsion Laboratory, Spaceport Cornwall e ZSL (Zoological Society of London).

Kimberley Miner, scienziato presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha dichiarato: «Rispecchiando la nuova iniziativa oceanica delle Nazioni Unite, la riduzione al minimo dell’inquinamento dell’orbita terrestre inferiore consentirà la continua esplorazione dello spazio, la continuità dei satelliti e la crescita della tecnologia spaziale che cambia la vita».

In apertura: Gif del 10/08/2019. Crediti:ESA Operations ESOC