Non è ancora chiara la causa della falla rilevata sulla navicella russa Soyuz attraccata alla Stazione Spaziale Internazionale.
Il buco è stato scoperto lo scorso 14 dicembre quando due cosmonauti si stavano preparando a effettuare una passeggiata spaziale fuori dal laboratorio orbitante, poi annullata per l’inconveniente.

Individuata l’origine della perdita nel circuito di raffreddamento, sono ora due le ipotesi abbracciate dall’agenzia russa Roscosmos sulla causa della falla: questa potrebbe essere la conseguenza della collisione con detriti da meteorite oppure coincidere con uno dei fori di sfiato dei radiatori. Per ora la prima ipotesi è quella più accreditata e la pioggia di meteoriti Geminidi in corso potrebbe essere il primo indiziato.

Tuttavia Roscosmos sta ancora valutando le immagini ottenute dalle due ispezioni effettuate con il supporto dei partner Iss: quella del 16 dicembre, con il braccio robotico Era sviluppato da Esa, e quella conclusa il 18 dicembre dal suo collega Canadarm 2 dell’agenzia canadese. Valutazioni ancora completamente aperte anche sullo stato di salute della Soyuz, navicella che lo scorso settembre ha portato sulla Iss i cosmonauti Prokopyev e Petelin insieme all’astronauta statunitense Frank Rubio.

Roscosmos ha istituito ora una commissione speciale per stabilire se la Soyuz danneggiata sia utilizzabile per un rientro in sicurezza dell’equipaggio, previsto nel marzo 2023. Il responso è atteso per fine dicembre e nel caso fosse negativo Roscosmos dovrà inviare una navicella sostitutiva, attualmente in fase di test al cosmodromo di Bajkonur. Secondo l’agenzia russa, quest’ultima potrebbe essere pronta per un lancio in appena 45 giorni ma rimane da capire se potrà decollare e attraccare alla Iss in piena autonomia, come pensa Roscosmos, o se sarà necessario un cosmonauta al timone.