Un tipico caso di serendipità che ha portato alla scoperta di due corpi celesti poco diffusi. Un team internazionale di scienziati era intento a caratterizzare la composizione degli esopianeti di piccole dimensioni e ad approfondire come essa cambi in relazione alla loro posizione e temperatura e in base alle proprietà delle stelle ospiti. Durante la ricerca, il gruppo di lavoro ha esaminato l’astro Hd 23472 e si è imbattuto in un sistema planetario costituito da cinque unità, tre ‘super-Terre’ e, probabilmente, due rari ‘super-Mercuri’.

I risultati dell’indagine sono stati pubblicati su Astronomy & Astrophysics (articolo: “Hd 23472: a multi-planetary system with three super-Earths and two potential super-Mercuries”); la ricerca, coordinata dall’Istituto di Scienze dello Spazio dell’Università di Porto, ha visto anche la partecipazione di scienziati italiani dell’Inaf-Istituto Nazionale di Astrofisica (osservatori di Trieste, Torino e Palermo).

Lo studio si è basato sui dati raccolti dallo spettrografo Espresso (Echelle Spectrograph for Rocky Exoplanet- and Stable Spectroscopic Observations), installato sul telescopio Vlt dell’Eso, e su modelli informatici. I pianeti di tipo super-Mercurio sono molto rari: se i due appena individuati venissero confermati, si arriverebbe a quota otto rappresentanti al momento noti di questa categoria, che presenta tratti simili a quelli del nostro Mercurio. Il primo pianeta del Sistema Solare, infatti, è caratterizzato da un nucleo relativamente ampio e da un mantello più sottile rispetto agli altri suoi ‘colleghi’. Questa singolare struttura – secondo le principali ipotesi – sarebbe stata prodotta o da un impatto devastante o da una temperatura molto elevata: in ambedue i casi, a farne le spese sarebbe stato il mantello che si sarebbe appunto ridotto.

Dai dati emerge, inoltre, che le super-Terre sono dotate di un’atmosfera significativa, mentre gli aspiranti super Mercuri sono i due mondi più vicini alla stella ospite, con ovvie conseguenze sull’atmosfera dovute all’intenso irraggiamento.

Gli studiosi hanno cercato di comprendere come si siano potuti formare questi due insoliti corpi celesti e hanno ipotizzato che un elemento-chiave potrebbe essere connesso alla composizione della stella Hd 23472, escludendo invece un impatto di vasta portata. A loro avviso, infatti, è altamente improbabile che un episodio del genere si sia potuto ripetere su due pianeti.

Il gruppo di lavoro intende proseguire questo filone di ricerca, concentrandosi soprattutto sulla caratterizzazione della composizione dei due rari esopianeti. Dato che ambedue presentano un raggio più piccolo rispetto a quello della Terra, gli attuali strumenti non hanno la sensibilità adeguata a scandagliarne la superficie: gli studiosi attendono l’entrata in gioco del telescopio Elt dell’Eso, che al momento è in fase di costruzione e sarà dotato di uno spettrografo all’avanguardia.

In alto: Mercurio (Crediti: Nasa).